Regia di Brad Peyton vedi scheda film
Prima di cominciare vorrei invitare il pubblico ad essere ragionevole e onesto: se una volta giunti i titoli di coda ci si accorge di essersi aspettati qualcosa di più o di diverso, vuol dire che si è partiti col piede sbagliato.
Certo cinema Blockbuster fracassone può non piacere, e questo non lo metto in dubbio. Ma al di là delle proprie incongruenze, non posso non pensare a “San Andreas” come alla summa perfetta del proprio genere, che è un genere sgangherato ed esaltato, pomposo ed esageratissimo, eccessivo e muscolare.
Oltre a tutto questo, il film in analisi è anche, grazie al cielo, indubbiamente ed efficacemente spettacolare (cosa questa da non dare per scontata; si guardi il fiacco e orrendo “Into the Storm”).
“San Andreas” si prende forse troppo sul serio? E ben venga: perché lamentarsi quando furono proprio quelle punte di sporadica quanto fuori luogo ironia a irritare e infastidire in “2012”?
Nel film di Peyton, più che la prevedibilità del plot, sono gli stereotipatissimi personaggi a costituire una pecca. Ma possiamo davvero attribuire a questi difetti un’importanza tale da arrivare a definirli compromettenti, quando l’intrattenimento è egregiamente garantito da sequenze che gli effetti speciali rendono mastodontiche? Troverete di tutto: ponti e grattacieli che si sbriciolano come fossero sabbia, palazzi che crollano su altri palazzi, inondazioni che devastano tutto.
D’accordo, si ferma proprio lì, con la trama ridotta al minimo sindacale così da fungere da pretesto per il susseguirsi di scene catastrofiche; l’aggiunta del dramma familiare in sottofondo ben condisce e completa la minestra.
Penso non sia fuori luogo etichettarlo come il “Terremoto” (1974) degli anni zero. Certo, Dwayne Johnson non è Charlton Heston, così come Carla Gugino non è Ava Garden.
In definitiva, bando a inutili pretese: non siete di fronte a un film di Herzog, e se volete coerenza e verosimiglianza narrativa cercatela altrove, ad esempio su “The Day After Tomorrow” (2004); quello fu un gran film, complessivamente migliore di quello in analisi, ma qui su “San Andreas” ci si diverte molto di più.
E il finale smaccatamente patriottico con la bandiera americana che sventola sulle macerie? È l’inevitabile componente del gioco. Benvenuti a Hollywood. Prendere o lasciare.
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