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The Walk

Regia di Robert Zemeckis vedi scheda film

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Scarlett Blu

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Walk

di Scarlett Blu
8 stelle

The walk è la storia di un sogno folle che ha il gusto dell’impossibile, e diventa vita per il protagonista; è la follia di un uomo, il francese Philippe Petit, quasi ironico il nome, che sfida la morte, - figura astratta e metaforica che non vuole mai essere nominata, è in questa negazione, tanto può esserci di simbolico – oltre i suoi limiti d’essere umano.

Robert Zemeckis, regista di tanti film di successo come Ritorno al futuro, tornato alla ribalta in questi giorni, o Cast Away, dirige con maestria consumata un film avvincente, per me migliore dell’ultimo Flight, e sa dosare perfettamente gli ingredienti basilari, tensione e ritmo, e bilanciarli tanto da non annoiare mai lo spettatore, che pure già conosce buona parte della storia, (ampiamente documentata) di sicuro il suo esito finale, da tenerlo costantemente in ansia, addirittura farla crescere come una febbre.

 

Le torri gemelle, co-protagoniste nell’ultima parte ricostruite perfettamente, non sono neppure finite quando negli anni ’70 questo funambolo ribelle, inizia a concepire il suo sogno, impresa folle, temeraria e fuori legge: tendere un filo d’acciaio tra la torre Nord e la torre Sud del Word Trade Center.

Bellissimo l’inizio dove un bianco e nero quasi color seppia, ci trasmette l’immagine di una Parigi che sa di passato, e ci presenta l’artista di strada, il mimo che si esibisce per il suo pubblico, personaggio che suscita immediata simpatia, e racconta attraverso la sua voce fuori campo (quasi mai eccessiva) la sua vicenda personale.

 

Joseph Gordon-Levitt

The Walk (2015): Joseph Gordon-Levitt

 

La prima parte del film si sviluppa tra gli allenamenti del funambolo sotto la guida di Papa Rudy, (un bravissimo, saggio Ben Kingsley) vecchia anima del circo che conosce il pubblico e il rispetto che gli si deve. Philipe impara trucchi e segreti del mestiere, coraggio e umiltà, mentre s’innamora di Annie, (la deliziosa Charlotte Lebon) la giovane donna che diverrà sua prima complice; in realtà la storia d’amore non diventa mai soverchiante, resta ai margini, un po’ defilata rispetto all’altra storia d’amore, quella di Philippe col suo sogno, che custodisce, alimenta con speranze, paure e piccoli fallimenti a cui il mimo non si arrende mai, mentre la fune si tende sempre un poco più in alto, nell’attesa sua e nostra di arrivare alla vetta.

 

Quando nel ’74 il funambolo atterra a New York, spia il luogo, pianifica l’azione nei dettagli, e c’è l’incontro con altri personaggi un po’ bizzarri che condiscono la storia con ironia e irriverenza; un ragazzo del gruppo ha paura dell’altezza, un altro si fuma canne come un figlio dei fiori, tipico degli anni ’70, e nel momento più delicato dell’impresa si fa prendere quasi dal panico, complici che si prestano forse un po’ per gioco o voglia di sfidare le regole al colpo fuorilegge di Philippe, che deve salire sulla torre e tendere quel cavo metallico senza farsi scoprire dalle autorità, e non sarà una passeggiata priva di qualche intoppo.

Non mancano momenti divertenti (spoiler: lo spogliarello sul tetto) che alleggeriscono la tensione che torna a catturarci qualche istante dopo; una scena in particolare, non so in che misura realistica, forse pura invenzione registica o di sceneggiatura, ha il gusto dell’imprevisto, incognita straniante senza apparente significato, che un po’ inquieta, ci lascia nel dubbio e fa riflettere.

Zemeckis, regista di lunga esperienza, non può avere girato quella scena a caso, senza una logica, costruita con una dinamica troppo precisa; non dirò di più, ma chi ha visto il film, penso abbia capito.

Lascio agli altri la scoperta, e l’eventuale differente interpretazione.

 

Il riferimento è talmente sottile, discreto, un messaggio subliminale che quasi non si coglie, eppure è lì evidente, il richiamo al futuro, alla tragedia, e ho trovato questo modo di presentare la cosa pieno di tatto; senza dubbio il film è una grande elaborazione del lutto, la migliore proposta dal cinema finora.

 

Joseph Gordon-Levitt, Ben Kingsley

The Walk (2015): Joseph Gordon-Levitt, Ben Kingsley

 

La camminata finale tra le torri è teatrale e spettacolare quanto basta anche solo in 2D, per circa mezzora ci tiene col fiato sospeso, (quella reale è durata 45 minuti) anche noi spettatori in bilico su quel filo insieme al “piccolo” funambolo che sfida un po’ il destino, un po’ i poliziotti ridotti quasi a macchiette comiche e un po’ Dio stesso, mentre i newyorkesi puntano lo sguardo al cielo e applaudono, ma Philipe capisce, legge i segnali e sente quando è ora di concludere.

Ha toccato il limite massimo e deve tornare indietro.

Ma il momento di maggior tensione per me non è la camminata sulla fune, che pure sconcerta e c’incolla allo schermo: è l’istante che la precede, quando Philipe ha un piede sulla corda e l’altro ancora sul bordo della torre e arriva la nebbia ad avvolgere tutto il panorama.

Lì il protagonista è ancora sospeso fra due mondi, e non ha ancora scelto se varcare o no la soglia dell’impossibile; quando lo farà non potrà più tornare indietro né fermarsi, e diventa emozionante e malinconico quel "per sempre" finale, che il funambolo pronuncia guardando le due torri nella luce che tramonta, ormai entrate nell'immaginario collettivo grazie al coraggio vitale di un uomo/artista che sfida il limite per qualcosa di giusto votato al bene, che dà e non toglie.

 

Joseph Gordon-Levitt

The Walk (2015): Joseph Gordon-Levitt

 

Ottimi tutti gli interpreti, bravissimo il giovane Joseph Gordon-Levitt, attore che si era già fatto notare altrove, (500 giorni insieme, Don Jon) ma qui dà vita a un personaggio memorabile e convincente, un saltimbanco dalla forza sorprendente e vitale.

Per me bellissimo.

Da vedere anche in 2D.

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