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La foresta dei sogni

Regia di Gus Van Sant vedi scheda film

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La recensione su La foresta dei sogni

di fixer
6 stelle

IL SENSO DI COLPA CHE POCO A POCO UCCIDE

 

 

 

No habrás llegado hasta que todo lo hayas perdido…es el camino de la muerte, es el camino de la vida

Manuel Machado

 File:The Sea of Trees.jpg

 

All’inizio della foresta di Aokigahara, in Giappone, c’è un cartello che recita:”La vita che i tuoi genitori ti hanno dato è preziosa”: è l’ultimo messaggio per coloro che, addentrandosi nella foresta, hanno deciso di farla finita. Inizio da qui per parlare di un film che, una volta tanto, chiede allo spettatore di fermarsi e pensare.

 

Questa non vuole essere una recensione, ma un momento di pausa della nostra vita che corre all'impazzata, che non si ferma a pensare, che va a sbattere e che poi, quando è troppo tardi, vorrebbe re-settare tutto. 

 Arthur Brennan, il protagonista, è sconvolto dal senso di colpa per aver mandato in frantumi un matrimonio: il lavoro, la routine, i piccoli screzi che diventano barriere, una relazione con un'altra donna hanno rovinato un rapporto che poteva essere sereno, soddisfacente. La malattia della moglie e la morte repentina dovuta ad un incidente interrompono bruscamente qualcosa che, forse, stava per rinascere.

 

“Mi dispiace…mi dispiace…mi dispiace” sbotta ad un certo punto, sconsolato, con voce rotta dal pianto, Arthur. Quante volte lo abbiamo pensato e mai detto. Mai detto. ma perché? Troppa l’irritazione di quel momento? Troppa la sciocca voglia di non darla vinta,  una stupida vendetta, una misera ripicca…e così ci fottiamo la vita, roviniamo quella degli altri, quelli che ci hanno voluto bene e che ora, anche per colpa nostra, non ce ne vogliono più o, magari, ce ne vogliono ancora, ma la parete che noi abbiamo eretto fra noi e loro, impedisce ogni scambio.

“C’è sempre un momento che ti cambia la vita che ti sbatte per terra e ti ricorda quello che conta veramente..(…) Ma è troppo tardi, troppo tardi”, mormora amaramente.

 

E’ un po’ ciò che succede quando muore tuo padre o tua madre e tu ti accorgi solo in quel momento che non ti sei occupato di loro come avresti dovuto. Le parole:”Grazie per esserti occupato di me”, dette da Takumi, (lo strano "compagno di morte" che si trova a percorrere lo stesso cammino), quelle che danno un senso alla tua vita, non le sentirai più.

Ad Arthur Brennan (Matthew McConaughey), è capitata l’occasione di riprendere, anche se solo per pochi momenti, il rapporto con la moglie. Ma il destino gli impedisce di ripristinare la relazione che stava per riallacciarsi. E gli restano ora solo amarezza, disperazione, sconforto.

G3RAB7 The Sea of Trees Year : 2015 USA Director : Gus Van Sant Matthew McConaughey. Image shot 2016. Exact date unknown. Photo: Alamy

"El camino de la muerte…" Un cammino che sta per avverarsi, quando la sorte, la fortuna, o forse lo stesso Dio lo fanno incontrare nel posto perfetto per morire, Aokigahara, una foresta giapponese, ai piedi del monte Fuji, con una persona che ha deciso, come lui, di compiere l’ultimo passo. Una persona reale? O solo immaginaria?

 

“El camino de la vida”: questa persona, sofferente, vuole tornare dalla sua famiglia. Ha deciso che non vuole più morire. E’ un giapponese, Takumi, un uomo mite, incapace di sopportare la vergogna di un declassamento nel posto di lavoro, per un errore commesso. Una macchia insopportabile per la mentalità nipponica. Il desiderio di tornare a casa, dalla propria famiglia è superiore però a qualsiasi altra cosa. 

Il percorso psicologico e morale che Arthur sta compiendo, invece di evolversi verso la decisione finale del suicidio, si arresta e comincia poco a poco il cammino inverso. Basta poco, forse, per cambiare: la consapevolezza, inaspettata, di scoprire qualcosa che vale, come sentirsi "utile" e "importante" per l'altro, come sentirsi dire due parole che ti cambiano dentro, se dette da chi hai appena aiutato. Il cammino della vita parte da qui.

 

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Pur non all’altezza di suoi lavori precedenti, come “Last Days”, “Milk” e "L'amore che resta", il regista Gus Van Sant si dimostra ancora una volta profondo e per nulla banale. Pur se fischiato sonoramente a Cannes nel 2015 e maltrattato dalla critica, è comunque un film che sa scavarti dentro e ti induce a riflettere. Riflettere sul fatto che c’è ancora tempo per ripensare la tua vita, i tuoi rapporti. C’è ancora tempo, forse, per capire ciò che veramente vale, ciò che veramente conta. Forse il film non soddisfa il palato dei critici esigenti, ma anche un film medio, quando tocca certe corde, in modo onesto, acquista importanza. più ancora del valore cinematografico in sè.

Da vedere.

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