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Il tesoro della Sierra Madre

Regia di John Huston vedi scheda film

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La recensione su Il tesoro della Sierra Madre

di Baliverna
10 stelle

Grande film del grande John Huston. E’ un’amara parabola sull’avidità umana, la cupidigia insaziabile per la ricchezza la quale è latente in ciascuno di noi, e distrugge chi le lascia prendere il sopravvento su di sé. I tre protagonisti – molto ben definiti nei loro caratteri e psicologie – sono altrettanti esempi di diverso grado di avidità. Il personaggio di Bogart è sicuramente quello che prima e più degli altri si lascia prendere dalla smania per l’oro. Durante il film si può osservare la sua progressiva metamorfosi da buon vagabondo a omicida, paranoico, e persino folle. Il suo compare, interpretato da un bravo Tim Holt, si lascia meno di lui prendere dalla cupidigia, ma anch’egli si abbassa a non poche azioni e pensieri ignobili finalizzati ad ottenere più oro possibile. Per fortuna i due vengono temperati dal più ironico e distaccato vecchio (Walter Huston), il quale è sì cercatore d’oro anche lui, ma lo è con più distacco e quasi ironia, forte di una lunga esperienza nel campo, quindi anche di quali sono gli effetti nefasti sull’essere umano dello smodato desiderio di ricchezze.

Seguendo le vicissitudini del terzetto si può osservare come nella coppia di amici vengano progressivamente meno il senso di umanità, di solidarietà, e gli scrupoli davanti ad azioni turpi. L’amicizia scompare, per lasciar posto al sospetto e alla rivalità. Come spiega il vecchio, l’oro costituisce una tentazione tremenda, e fa venire in mente pensieri di cui si dovrebbe rabbrividire. Emblematica e bellissima a questo proposito la scena di quando Bogart viene investito da un crollo in galleria, e l’amico è tentato per qualche istante di lasciarlo morire lì sotto per tenersi il suo oro. Se entrambi poi non commetteranno un vile omicidio sarà per puro caso. Anche la vittima designata è un ulteriore esempio di uomo preda della cupidigia: ha abbandonato una moglie innamorata e incinta, e una figlia piccola, per andare a morire come un cane sulle montagne, seguendo la chimera dell’oro. Memorabile la scena in cui si vede Bogart, ormai folle omicida, ma tormentato dalla coscienza, giacere vicino al fuoco, il quale cresce fino a prendere tutta l’inquadratura, per simboleggiare le fiamme dell’inferno.

La tensione drammatica è ottima, la pur lunga vicenda è solida è ben gestita, il coinvolgimento dello spettatore assicurato. Encomiabile è anche la coraggiosa scelta di far recitare gli attori sporchi e con la barba lunga, condizione molto credibile per l’ambiente in cui si trovano. Un capolavoro che consiglio a tutti.

 

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