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Goodnight Mommy

Regia di Severin Fiala, Veronika Franz vedi scheda film

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La recensione su Goodnight Mommy

di Kurtisonic
5 stelle

Susanne Wuest

Goodnight Mommy (2014): Susanne Wuest

L’esordio cinematografico condiviso tra Severin Fiala e Veronica Franz, quest’ultima moglie dell’eclettico Ulrich Seidl, rivela alcuni punti in comune con le tematiche preferite dal più famoso coniuge, che a sua volta si potrebbe definire un appendice dello stile di Haneke tanto da poterli  includere come una via austriaca del modo di rappresentare una società, o meglio di quello che resta di essa, senza mai lesinare crudeltà  e gesti estremi preferibilmente tra le mura di casa. Due ragazzini, gemelli, osservano la madre rientrata dall’ospedale dopo un incidente, con il volto completamente fasciato. Attraverso i suoi comportamenti si alimenta il dubbio nei due fratelli che si tratti di un’altra persona. Un perverso gioco al massacro condurrà alla verità. Il film ricorda per la sua ambientazione rarefatta  e glaciale Funny games di Haneke, stavolta però ribaltato all’interno del nucleo famigliare. I tre sono in pratica gli unici personaggi della storia che adotta una narrazione abbastanza lineare pur mantenendo un forte alone di mistero irrisolto, segue un classico schema  elementare di  svolgimento consequenziale  degli eventi.  La coppia di registi raffigura a dovere l’isolamento affettivo dell’individuo, con ambienti rarefatti, immagini  quasi stilizzate per la loro pulizia, un senso di denuncia verso il perbenismo borghese e la consueta mancanza della figura paterna. Quello che ci si poteva aspettare, cioè la ricostruzione di un passato relazionale che portasse a rileggere la situazione interna al film viene preclusa allo spettatore, tutto si svolge in un tempo circostanziato e presente al quale non si può che sottostare mancando così la possibilità di rielaborare le immagini. L’apertura del film con una scena di gioco tra i due ragazzini, o la più indicativa, quella della presunta madre che s’incammina da sola nel bosco spogliandosi dai bendaggi e dai vestiti indurrebbero ad un’attenzione più spiccata verso la psicologia dei protagonisti che invece viene ridotta e concentrata in un possibile colpo di scena finale.  La strategia comunicativa dei vari Haneke e Seidl è quello di abbandonare lo spettatore davanti ad un  dato oggettivo, corredandolo però con un apparato descrittivo molto più accurato  che determina e delega al pubblico una propria e personale capacità di giudizio che in questo caso viene meno proprio per la natura esplicita e diretta della forma, quasi fosse un reportage di cronaca giornalistica. Il film prende la strada della degradazione horror, segnando passo dopo passo un’elevazione del disgusto e della crudeltà che diventa gratuita finchè lo spettatore riuscirà a non distogliere lo sguardo. Sempre meno psicologico e più squilibrato verso una linea splatter il film può ammantarsi di una veste più che dignitosa di solo genere però, nel quale se  ce ne fosse stato ancora bisogno,  non si aggiungerebbe granchè alle minuziose descrizioni prodotte da altri cineasti esperti in violenza e tortura, mentre l’evidente lacuna psicanalitica (possibile che non ci sia una sequenza dove si percepisca un’attrazione affettiva o una reale repulsione motivata tra i protagonisti nel rapporto madre- figli..) conferisce a  Goodnight mommy  una certa incompletezza. Non avrebbe guastato allora qualche elemento disgregante del genere, e mi riferisco a qualche particolare ironico, o ad un accenno surreale, grottesco, di quella materia (grigia) che strategicamente  registi  di rilievo (Tarantino per fare un esempio) hanno insegnato  come usare per rendere accettabili le forme di iperrealtà. Non è che a casa Seidl si prendono un po’ troppo sul serio?

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