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Labour of Love

Regia di Adityavikram Sengupta vedi scheda film

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La recensione su Labour of Love

di Peppe Comune
8 stelle

L’India sta vivendo una crisi economica acuta e nella popolosa Calcutta si è disposti a tutto pur di non perdere il lavoro. Vittime di questa situazione sono una giovane coppia di sposi, che si amano alla follia, ma che sono costretti a vedersi molto poco perché i rispettivi lavori li tengono lontani. La donna (Basabdutta Chatterjee) lavora di giorno in una sartoria e quando torna a casa la sera ha giusto il tempo per prepararsi da mangiare. L’uomo (Ritwick Chakraborty) lavora di notte come addetto alla stampa dei giornali e a casa ci sta solo per riposare. Il tempo che passano insieme è poco, ma basta per conservare in entrambi la convinzione che il loro è l’amore di una vita.

 

scena

Labour of Love (2014): scena

 

“Labour of love” del giovane regista indiano Adityavikram Sengupta è un film di garbata delicatezza, sull’amore che anima la vita e sui problemi economici che possono costringerla a percorsi indesiderati. L’amore e il lavoro dovrebbero agire in armonia nella vita di coppia, rappresentare l’uno il completamento dell’altro. Invece, nella Calcutta di questi anni, conservare il lavoro può comportare il sacrificio della cosa più naturale e caratterizzante per la vita coniugale : lo stare insieme.

L’amore al tempo della crisi economica, che deve dotarsi di una grande spirito di resistenza se vuole rimanere intatta la sua integrità e combattere ad armi pari contro i tentacoli della recessione. È questo il significato implicito di “Labour of love”, che per il resto vive delle esplicite violenze prodotte dal liberismo economico e delle dichiarate intenzioni dei due coniugi di non lasciarsi avvincere dalla malasorte. Il tutto facendo prevalere una tecnica cinematografica che vive di marcate ellissi narrative e di lenti movimenti di macchina, funzionali a rendere il non visto quanto c’è di più concreto del loro amore. Sono pressoché assenti i dialoghi, l’unica voce a parlare è quella di una Calcutta che ad ogni angolo mostra i segni tangibili della povertà. Il mutismo dei due coniugi accresce di senso il forzato distacco che sono costretti a vivere per cause esterne alla loro volontà, e la regia si premunisce di caricarlo di ulteriore significato emotivo configurandolo come la sola strada percorribile. La donna rassetta la casa e prepara da mangiare, ma a tavola si siede sempre da sola. L’uomo fa la spesa e commissioni varie, ma la casa la sente poco sulla sua pelle. I pochi momenti che stanno insieme vengono come calati in una dimensione sognante, vestita di una luce che sembra provenire da un altrove desiderato. L’ India si colora del suo fascino sgargiante, facendo da sfondo elegiaco al loro nido d’amore. Ma i desideri sono fatti per scontrarsi con la dura realtà e la felicità deve percorrere i suoi gironi “infernali” prima di potersi realizzare.  

Adityavikram Sengupta gioca di sottrazione, i coniugi ci vengono presentati quasi totalmente nella loro dimensione di amanti separati, alternando le commissioni dell’uno e lavoro dell’altra, la solitudine domestica della moglie e le notti solitarie del marito. Che il loro sia un amore per la vita, capace di resistere alle contingenti condizioni di cattività, lo si capisce dai loro occhi ammalati di desiderio, tristi perché impossibilitati a dare libero sfogo a tutto il sentimento che contengono, ma anche vivi per come affrontano con dignità la crisi economica che sono costretti a subire.

Il loro peggior nemico è il letto, è in quel momento che la lontananza forzata si trasforma in un insopportabile fardello sociale, e non restano che i sogni per fuggire dalla dura realtà. Ecco, Adityavikram Sengupta è bravo a dire molto facendo parlare esclusivamente i gesti ripetuti sempre uguali, gli impercettibili slanci emotivi, il passo lento che mostra i segni della stanchezza. Gli oggetti acquistano una rilevante presa narrativa per come sanno imprimersi nell’impero del quotidiano. La macchina da presa cattura in insistiti primi piani, tanto i volti dei protagonisti, quanto le azioni che popolano le rispettive giornate. La ripetizione non annoia, perché è vestita di un candore narrativo che trasmette tenerezza. Un bel film che ha mi ha piacevolmente sorpreso per la sua semplicità visiva.    

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