Regia di Kevin Connor vedi scheda film
Si è visto di meglio.
I presupposti per un lavoro dignitoso c'erano tutti. L'isola perduta e abbandonata, la fauna e la flora giurassiche, le popolazioni primitive in lotta fra di loro, la stessa collocazione temporale ai tempi della Prima Guerra Mondiale, erano tutti ottimi spunti. La messa in scena è però così così. Gli effetti speciali sono, eufemisticamente, artigianali: dimenticatevi i fasti e la grandeur dei dinosauri di Spielberg, perché qui non ne vedrete nemmeno l'ombra. La stessa storia non convince del tutto: viene creato uno stato di attesa su quello che c'è a nord di questa benedetta isola, e sulla chiusura non viene nemmeno svelato. Lo scopriranno i due superstiti in privato, o nel sequel - se avrete la (s)ventura di esserne spettatori: boh. Ma perlomeno di questo film mi terrei strette le tematiche. Abbiamo la spinta colonizzatrice dell'uomo in territori sconosciuti, che lo obbliga a incidere, a operare in modo invasivo sulla natura e a tentare di modificare sempre e comunque lo status quo. In poco tempo i nostri avventurieri hanno ucciso la metà dei dinosauri dell'isola - che rappresentano l'incontaminato, il misterioso, l'eterno e teoricamente avrebbero dovuto essere intoccabili - hanno decimato la popolazione autoctona locale, inquinato l'aria coi fumi del petrolio: verrebbe da dire, nihil sub sole novum. Nell'isola i dinosauri si ammazzano fra loro, e i primitivi idem: l'uomo predatore ammazza dinosauri e primitivi. Eppure, sul finire, infrangendo i patti stipulati in precedenza - patti di convenienza e non di solidarietà reciproca - inglesi e tedeschi riprendono ad accapigliarsi fra loro, a prezzo della vita, tal quali alle istintuali creature che abitano l'isola. La guerra non è che una riproposizione umana e pseudo-razionale degli istinti predatori animaleschi. La natura non solo non fa salti, ma è immutabile ed uguale dappertutto e in ogni tempo.
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