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The End of the Tour

Regia di James Ponsoldt vedi scheda film

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La recensione su The End of the Tour

di Springwind
7 stelle

Breve incontro tra uno scrittore geniale di grande successo segnato dalla solitudine e dalla sofferenza psichica e un giovane intervistatore che vorrebbe carpire il segreto del suo successo e invece riceve una lezione di umiltà

Forse non occorre essere fan di David Foster Wallace per apprezzare questo film: anzi, i fan probabilmente troveranno da ridire sulla resa cinematografica del loro scrittore favorito, qui molto più ragazzone timido e impacciato che non intellettuale di genio non comune. Comunque, meglio sapere almeno qualcosa sul personaggio per comprendere che cosa possa aver significato per un giornalista e romanziere alle prime armi trovarsi ad accompagnare nell'ultima tappa del suo tour promozionale uno scrittore non molto più vecchio di lui, ma osannato come una rock star. Da un lato, c'è la volontà di scavare oltre il personaggio, per cogliere il segreto di quel successo che il narratore più giovane sogna di ottenere prima o poi; dall'altro, c'è l'autore sulla cresta dell'onda, che offre un'immagine ora goffa ora bonaria ora amichevole ora scontrosa, e non sai se stia costruendo la sua maschera o piuttosto poco alla volta svelando se stesso. Il film è tutto qui, nella relazione mai del tutto profonda e mai completamente superficiale che si instaura tra l'intervistatore David Lipsky di "Rolling Stone" e l'intervistato David Foster Wallace, nei cinque giorni in cui il primo segue il secondo nella sua casa sperduta tra la neve e poi a Minneapolis, per l'ultimo incontro col pubblico durante il tour di presentazione di "Infinite Jest". Conosciamo così, insieme a Lipsky,  la casa di DWF, i suoi cani, e poi il suo pubblico, il suo amore per il Junk food e la televisione, due sue amiche, e, finalmente, la sua timidezza, la paura di non essere all'altezza del suo successo, di essere "a fraud". Un film fatto prevalentemente di dialoghi, quasi esclusivamente tra due personaggi, che all'inizio può sembrare noioso, come, appunto, un'intervista filmata (vedi il caso di "Nixon-Frost") ma che invece piano piano ti trascina, alla scoperta di un personaggio umano, troppo umano. L'esperienza al seguito di DFW diventa così per Il suo intervistatore una grande lezione di umiltà, mentre chi conosce anche solo superficialmente la storia del scrittore non può uscire a occhi asciutti dalla proiezione, pensando a quanta sofferenza ne abbia segnato la breve vita. Ottimi gli interpreti. 

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