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Taxi Driver

Regia di Martin Scorsese vedi scheda film

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La recensione su Taxi Driver

di chinaski
10 stelle

È la musica di Bernard Hermann che si amalgama con le luci rossastre, quasi infernali di una città attraversata di notte, a bordo di un taxi, Travis Bickle al volante, perché non riesce a dormire, quelle stesse luci riflesse nei suoi occhi, nel suo sguardo, tutto quello che gli passa davanti, una fauna umana in movimento, spacciatori, tossici, puttane, uomini d’affari, politici, papponi - Travis nella sua stanza, le pagine del suo diario, i pensieri ossessivi, alienati, sconnessi - Similitudini con Pickpocket di Robert Bresson, senza la stessa irraggiungibile stilizzazione, Travis che si esercita con le armi davanti allo specchio o costruisce i suoi dispositivi di estrazione veloce come Michel (Martin LaSalle) quando provava i gesti per rubare - You talking to me? - Travis che va nei cinema porno per curare la sua insonnia, che si innamora di un angelo illusorio anche se il primo a vedere Betsy è lo stesso Scorsese, seduto fuori dall’ufficio elettorale, che la segue con lo sguardo mentre lei ci entra dentro - Ancora Martin seduto nei sedili posteriori del taxi di Travis, che gli dice di guardare una finestra, dove sua moglie sta fottendo con un negro, strisciante razzismo e sadiche ipotesi sull’effetto che una .44 magnum può fare nella fica di una donna - Sport e Travis che parlano, Keitel e De Niro che improvvisano - La giovane prostituta con il corpo di Jodie Foster mentre balla abbracciata al suo protettore che le accarezza i capelli e la consola con le sue verità e le sue dolci menzogne - La copertina di un album di Kris Kristofferson, il testo di una sua canzone, he's a prophet and a pusher, partly truth, partly fiction. A walking contradiction - La stanza di un albergo a ore, l’atroce carneficina di chi vorrebbe uccidersi ma trascende i propri istinti suicidi per diventare un killer - Moralità stravolte, paradossi etici, sangue ovunque, jazz metropolitano per immagini, fluide, suadenti, che scivolano lungo le vie bagnate per poi diventare sincopate come il ritmo sulla batteria di un musicista di strada, i colpi del montaggio come fossero proiettili, gli stacchi improvvisi, le accelerazioni e i dettagli, l’aspirina nel bicchiere d’acqua di Travis, la sua mano insanguinata puntata alla testa per tre colpi invisibili - Paul Schrader che scriveva la sua storia dall’abisso esistenziale nel quale era sprofondato, Martin Scorsese che ci metteva l’anima dannata della sua immensa passione cinematografica, quando l’amore per i film e il bisogno di farli bruciava più di ogni altra cosa - I capelli tagliati alla mohawk, le sequenze iconiche, immagini che resteranno impresse ovunque, incubi metropolitani in attesa di impossibili redenzioni, ferite lasciate aperte, notti che diverranno giorni affinché le ore si rincorrano senza più alcun senso, le indimenticabili forme filmiche di un’opera unica, oltre qualsiasi giudizio etico, nel cuore oscuro che si illumina sullo schermo, nel suo battere inquieto - Le passeggiate la mattina a sorseggiare liquore fra le strade ancora livide e vuote, tutte le sensazioni di una città che ci avvolge con le sue vie e la sua anima sporca e pregna di vita - Ancora al volante, un ultimo sguardo, prima di perderci in essa e in tutti i suoi riflessi smarriti.

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