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La felicità è un sistema complesso

Regia di Gianni Zanasi vedi scheda film

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La recensione su La felicità è un sistema complesso

di nickoftime
8 stelle

Sarà per il suo modo di intendere il cinema che lo ha portato a centellinare le sue regie, sarà per il tono minimale delle storie che racconta, fatto sta che Gianni Zanasi non sembra essersi spostato di un millimetro da quella freschezza un po’ ingenua che ne aveva caratterizzato gli esordi e che ancora oggi, alla vigilia dell’uscita del suo nuovo film ci spingono ad annoverarlo tra le file degli autori del nuovo cinema italiano nonostante il regista emiliano sia attivo sin dal 1995, anno che lo vide per la prima volta sulla scena con “Nella mischia”. A conti fatti “La felicità è un sistema complesso” presentato in anteprima al festival di Torino, conferma queste premesse non solo perché a figurarvi nel ruolo del protagonista Enrico Giusti è Valerio Mastandrea che sull’understatement  e sulla spontaneità delle sue interpretazioni ha costruito l’intera carriera ma anche per la presenza di una serie di luoghi tipici del cinema di Zanasi che spingono la storia dalle parti di una leggerezza esistenziale che nei film del regista diventa l’antidoto per superare le difficoltà della vita.
Che, nel caso del film in questione sono la conseguenza di un lavoro che mette a dura prova l’equilibrio psicologico del protagonista, deciso a farsi promotore di un capitalismo etico e illuminato attraverso l’attività di intermediario tra lo studio per cui lavora e quella parte di imprenditori meno illuminati di cui si guadagna l'amicizia necessaria per convincerli a farsi da parte. A metà strada tra uno psicologo e un consulente finanziario, Enrico entra in crisi quando l’azienda gli commissiona di licenziare  Filippo e Camilla, eredi di un patrimonio industriale che i due ragazzi, rimasti improvvisamente orfani, intendono amministrare salvaguardando i diritti dei propri lavoranti.

Avendo come filo conduttore i tentativi del protagonista di guadagnarsi la fiducia dei due ragazzi, “La felicità è un sistema complesso” trova il modo di aggirare la linearità della trama allargando il suo sguardo ad un altrove scaturito dalla bellezza del paesaggio naturale, chiamato nella sua armonica purezza a fare da contrappunto al disordine esistenziale dei personaggi; oppure, affidandosi ai lunghi stacchi musicali, di trovare il modo per trasfigurare fatti e situazioni che quasi sempre finiscono per aprirsi a significati che vanno oltre la contingenza. 

Così facendo il film di Zanasi si svuota degli elementi del reale per assumere la forma di una favola filosofica e surreale in cui oltre ai dilemmi esistenziale di Enrico, chiamato a fare i conti con una passato che non riesce a lasciare andare e con un presente irrisolto e contraddittorio, entrano in gioco le motivazioni di chi gli sta accanto e di Elisa (l'attrice Hadas Yaron, già interprete di "La sposa promessa") in particolare, la ragazza del fratello a cui Enrico si ritrova a fare da balia, la cui presenza è più che altro lo stratagemma usato dalla sceneggiatura per disinnescare i mascheramenti psicologici di di cui l'uomo si serve per legittimare il suo operato. Se i conti tornano solo in parte, con personaggi che si perdono nel nulla e altri che non riescono  a diventare tali, il lungometraggio ha una tale libertà creativa e una dose di umanità così contagiosa da diventare una panacea per chi lo guarda. Per dirla con le parole del regista Pietro Marcello, "La felicità è un sistema complesso" è cinema che fa stare bene.

(icinemanaci.blogspot.com)

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