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Il ricco, il povero e il maggiordomo

Regia di Aldo Baglio, Giovanni Storti, Giacomo Poretti, Morgan Bertacca vedi scheda film

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La recensione su Il ricco, il povero e il maggiordomo

di supadany
3 stelle

È dura ammettere di aver perso la creatività ma Aldo, Giovanni e Giacomo dovrebbero cominciare a farsi un bell’esame di coscienza (tanto più oggi, dopo il disastro commerciale di Fuga da Reuma park, ma probabilmente a questo punto ci penserà qualcun altro, più in alto).

È vero che con Il ricco, il povero e il maggiordomo provano, almeno parzialmente, la strada del rinnovamento, ma si ferma tutto all’albore: quello che viene dopo è un disastro su vasta scala, andando oltre a qualsiasi prospettiva negativa.

Quando Giovanni (Giovanni Storti), l’autista del ricco Giacomo (Giacomo Poretti), travolge il povero Aldo (Aldo Baglio), il malcapitato trova l’accordo per una ricompensa che gli permetterebbe di cambiare (finalmente) vita.

Peccato che di lì a poco Giacomo finisca in disgrazia per colpa di un investimento sbagliato. Insieme dovranno trovare la strada per uscire da questa situazione disdicevole e ripartire.

 

Aldo Baglio, Giovanni Storti, Giacomo Poretti

Il ricco, il povero e il maggiordomo (2014): Aldo Baglio, Giovanni Storti, Giacomo Poretti

 

Almeno in origine, il popolare trio comico prova a mescolare le carte del suo (ormai stantio) mazzo. La storia parte come compiuta, affondando nel(la crisi) sociale, ma si tratta di un fuoco di paglia e l’ispirazione svanisce in un lampo, con il resto destinato a rimanere cosa di poco conto, praticamente impalpabile.

Infatti, la discesa nel sociale è contraddetta in tempi stretti, svoltando in un campo tradizionalmente più consono a Leonardo Pieraccioni che prevede un approdo in stile tarallucci e vino.

Ci vuole poco perché quest’aspetto, oltre a una leggerezza che ha il sapore del vuoto, finisca per deprimere la comicità del trio, ridotta a invenzioni estemporanee, con pure alcune uscite gratuite e inutili, scaturite da giochi di parole di una pochezza da bar.

Non va meglio nemmeno quando si passa sotto la scure della crisi speculativa. Qui i personaggi faticano a reggere, quello del riccaccio - ma quando mai se ne vede uno così inetto? – è privo di qualsiasi sostanza, gli altri due hanno più ragioni di esistere, per quanto annacquati dalla ragion di favola televisiva.

A questi dubbi, che tendono ad assumere sempre più la forma di scoraggiante certezza, si sommano derive da commedia spiccia stile anni ottanta (e limitrofi), mentre l’irrilevanza della presenza di Francesca Neri lascia letteralmente senza parole (perché?).

Ed è così che, progressivamente, il film si sfilaccia sempre più, il sentimento da parentesi diventa epicentro, una specie di novità per il popolare trio, che però diventa indigesta in un tempo prossimo allo zero.

Alla fine, a parte qualche risata per lo più rintracciabile nelle prime fasi, rimane ben poco in mano, segno di un’involuzione che per il trio Aldo, Giovanni e Giacomo pare essere senza fine.

Senza apporre troppi giri di parole, deprimente.

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