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Generazione perduta

Regia di James Kent vedi scheda film

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La recensione su Generazione perduta

di Lehava
7 stelle

Nel 2014, all'uscita di questo film, "Rolling Stone" scriveva: "The Academy once got off by sprinkling Oscar gold all over traditional World War I epics — Wings and All Quiet on the Western Front are both Best Picture winners — and snubbing the truly great ones, such as Jean Renoir’s Grand Illusion and Stanley Kubrick’s Paths of Glory. It’s anybody’s guess what the Academy of Old Farts & Sciences will make of Testament of Youth, the rare WWI film that centers on, of all things, a woman". La risposta fu ed è, ovviamente, "nulla". Certo, non che questo film sia esattamente un capolavoro. Ma visti certi lavori in giro, avrebbe di sicuro meritato più spazio. Sebbene le critiche anglosassoni (quelle che contano, insomma) anche Oltreoceano, sia state tutte positive, probabilmente a quest'opera non si sono perdonati due aspetti: a) l'essere, effettivamente, troppo inglese e vecchio stile. Osserva il New York Times: "Testament of Youth,” James Kent’s stately screen adaptation of the British author Vera Brittain’s 1933 World War I memoir, evokes the march of history with a balance and restraint exhibited by few movies with such grand ambitions. Most similar films strain at the seams with bombast and sentimentality. This one, with a screenplay by Juliette Towhidi (“Calendar Girls”), is consciously old-fashioned — or should I say traditional? — while maintaining a sober perspective". Una qualche assonanza con "Espiazione" non manca, avendo però qui una protagonista meno sulla rampa di lancio, in quell'anno, rispetto a Keira Knightley 2) la provenienza televisiva di alcune fra le pedine del film: il regista James Kent - nato come autore di fiction, docdrama, documentari e non a caso il produttore principale qui è BBC (e Heyday Films, società inglese conosciuta per "Harry Potter) - e molti attori tra cui spicca il nome di Kit Harington, oddio!, da "Game of Thrones". Il co-protagonista, che ci rende una interpretazione forse non eccelsa ma in semiombra che permette al personaggio principale di meglio spiccare. "Testament of Youth" è infatti pieno di Alicia Vikander, presente in tutte le scene in pratica, e la sua performance non lascia indifferenti per trasporto e drammaticità. Elementi che d'altronde contraddistiguono la giovane svedese, curiosamente impegnata, quasi in concomitanza con questo film, anche in "La luce sugli oceani". La trama è tanto convenzionale quanto purtroppo realista, visto che tratta dalla biografia di Vera Brittain scrittrice e giornalista convintamente femminista e pacifista. La giovane vive a Buxton, nel Derbyshire, con i genitori ed il fratello più giovane Edward, in procinto di trasferirsi ad Oxford. Anche lei chiede di poter proseguire gli studi universitari: la famiglia si oppone ma è costretta a cedere davanti alla caparbietà, all'intelligenza ed al talento di Vera. La vita interiore della giovane viene presto sconvolta dall'incontro con Roland di cui di innamora perdutamente: la loro relazione viene nutrita anche dalla comune passione per la poesia che porta entrambi a sviluppare una personale vena creativa. Già pianificato da entrambi il soggiorno al  Somerville College, la Prima Guerra Mondiale irrompe nella loro agiata quotifianità, di studio ed idillio: il fratello, gli amici, lo stesso Roland partono per il fronte francese e Vera decide di andarsene da Oxford per rendersi utile, nella drammaticità del momento, come infermiera. Durante una (unica) licenza, Roland riuscirà a scacciare gli incubi di quello che poi verrà definito "shock post-traumatico" chiedendole di sposarlo. Non avverrà: egli morirà prima. E dopo di lui, tutti gli affetti di Vera, la quale, recatasi sul campo in Europa e vista con i propri occhi la brutalità ed insensatezza della guerra, tornerà alfine alla propria quotidianità, dedicando il resto dell'esistenza ad uno streno e appassionato pacifismo.

"Testament of Youth" non nasconde, a partire dal titolo, un gusto nostalgico per, potremmo definirla alla Fitzegerald, una "età dell'oro" che è la giovinezza ma anche, in questo caso, un periodo storico di tranquillità (per i protagonisti: appartenenti alla benestante borghesia inglese e sorretti da salute e cultura) che verrà travolto da quel macello che fu la Prima Guerra Mondiale. Non che le altre guerre, in qualsiasi parte del mondo, non siano meno di un macello. Ma è importante ribadire (a tratti mi sembra che nelle scuole non si dia il giusto peso) che tra il 1914 ed il 1918 una intera generazione, se non due, fu annientata. Con, in Italia, ragazzini di 18 anni buttati in prima linea e cifre storiche incredibili: le più accettate parlano di un totale, tra militari e civili, compreso tra 15 milioni e più di 17 milioni di morti; le stime più alte arrivano fino a 65 milioni di morti includendo nell'insieme anche le vittime mondiali della influenza spagnola del 1918-1919. Un totale delle perdite causate dal conflitto che si può più o meno stimare, insomma, a più di 37 milioni, contando più di 16 milioni di morti e più di 20 milioni di feriti e mutilati, sia militari che civili.

Il film riesce, senza scene di combattimento, a rendere l'idea del disastro ma anche del trauma, senza nessuna forzatura o sentimentalismo. Non ci sono eroi: il soldato che ritorna dal fronte, consapevole che ci dovrà tornare per altro (beh, gli inglesi erano un po' più equipaggiati ed organizzati di altri eserciti, in quei frangenti), non abbraccia e bacia amici e parenti, non cerca conforto o riconosce la propria fortuna di essere rimasto vivo, ma si ammutolisce davanti ad un mare grigio. Zittisce qualsiasi sentimento come unica arma di difesa contro l'abominio: una sorta di "disumanizzazione" che sarà portata al termine del processo nella Seconda Guerra Mondiale (lasciatemi utilizzare vigliaccamente una ipotetica altrui: "Se questo è un uomo")

Eppure, quello che contraddistingue "Testament of Youth" da altre opere è una ingenua, qualcuno potrebbe persino definirla ridicola o offensiva, allure romantica: l' aggettivo in sé deriva, si sa, dall'inglese "romance" (a sua volta mutuato dal francese e per dirla tutta dal latino) e cioè romanzo come narrazione "non reale" che assume da subito il senso di "pittoresco" e "sublime". Per rendere l'idea, mi piace citare una delle poesie da me più amate nell'adolescenza (beh, non che io fossi molto originale): To see a World in a Grain of Sand And a Heaven in a Wild Flower, Hold Infinity in the palm of your hand And Eternity in an hour "(William Blake "Auguries of Innocense").

Kit Harington, Alicia Vikander

Generazione perduta (2014): Kit Harington, Alicia Vikander

L'amore fra Roland e Vera è narrato in fotogrammi frastagiati di un montaggio morbido e sfumato: tra primi piani e dettagli rubati, come gli istanti fra i due. Si sottolinea una intimità di comune sentire che restringe il mondo entro il centimento che divide due anime. Mancano i larghi spazi, i campi lunghi. Ma qui c'è, prepotente, un amore per la vita, che è tanto più evidente nel protagonista maschile (si capisce da subito che finirà male) che riesce, durante una marcia nella foresta, a fermarsi e raccogliere una violetta. Che sente di poter scrivere, nel buio di una trincea, di passione e prati. Una vita interiore romantica, cioè sublime, fatta di desiderio, di irresistibile attrattiva per qualcosa che si intuisce come più grande di sé e quindi strenuamente spirituale eppure presente nella carne. Un anelito di infinito e di eterno che sorregge Vera e Roland e che per entrambi dovrebbe materializzarsi nella scrittura. Non a caso, sul letto di morte, egli saprà trovare la forza per un verso dentro il quale ci fosse tutto il suo sentimento per lei. E la ragazza, riuscirà finalmente a scoppiare in pianto solo davanti al ritrovamente di quelle poesie che si erano promessi di condividere, come una promessa d'amore appunto.

Juliette Towhidi firma la sceneggiatura e si trattiene dagli eccessi di melensaggine forse arginata dal testo originale. Splendida Alicia Vikander. In parte, un quasi irriconoscibile Kit Harington che dimostra qualità proprio nel non spingere sull'acceleratore.

Il ritmo lento ed alcune scene crude scremano il pubblico in cerca di facile commozione e restituiscono un'opera sobria e struggente

Chiudo con i versi del "vero" Roland Leighton, scritti nell'aprile 1915 sul fronte francese 

Violets from Plug Street Wood,

Sweet, I send you oversea.
(It is strange they should be blue,
Blue, when his soaked blood was red;
For they grew around his head.
It is strange they should be blue.)

Violets from Plug Street Wood -
Think what they have meant to me!
Life and Hope and Love and You.
(And you did not see them grow
Where his mangled body lay,
Hiding horror from the day.
Sweetest it was better so.)

Violets from oversea,
To your dear, far, forgetting land;
These I send in memory,
Knowing You will understand.

 

 

 

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