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Tabù

Regia di F.W. Murnau, Robert J. Flaherty vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Tabù

di ed wood
9 stelle

Il canto del cigno dell'immenso Murnau è considerato un capolavoro assoluto dall'unanimità dei critici e degli appassionati. Non è per fare il bastian contrario a tutti i costi, ma in tutta onestà non intendo assegnare le 5 stelle piene a "Tabu". Migliori di questo sono, a mio parere, almeno altri 3 film del tedesco: "Nosferatu", "Aurora" e soprattutto "L'Ultima Risata", che per me resta il suo capolavoro, oltre che uno dei film più rivoluzionari di sempre. Sia chiaro, si tratta di un confronto fra pesi massimi: del resto, siamo ai vertici espressivi del cinema muto. Tuttavia ritengo opportuno non dare nulla per scontato ed evitare quindi di sdraiarsi al cospetto di mostri sacri intoccabili indiscutibili. Bando dunque ai timori reverenziali e la prima cosa che va rilevata è la compresenza di due autori diametralmente opposti per stile e idea di cinema: il documentarista Flaherty e l'espressionista Murnau. Entrambi scrivono il film e il primo co-dirige la prima parte. Poi litiga con il secondo e abbandona il set. Gli screzi, sul piano sia artistico sia umano, fra i due grandi cineasti inficiano non di poco il risultato finale. "Tabu" manca di omogeneità e compattezza, a causa della difficile conciliabilità delle due poetiche. I due galli nel pollaio, se da un lato garantiscono idee ed immagini di rara qualità artistica, dall'altro creano stridori e scompensi che impediscono al film di qualificarsi come capolavoro assoluto. La prima parte è forse la più felice: una sobria esaltazione dell'Uomo e della Natura, o meglio dell'Uomo nella Natura. Antropocentrismo (il risalto plastico dato alle figure umane e ai loro corpi nudi, secondo l'estetica di Murnau) e naturalismo (cascate usate come scivoli e piante rigogliose su cui arrampicarsi, secondo l'estetica di Flaherty) si fondono in una sintesi che forse si può ricondurre all'umanesimo panteista di Dovzenko ("La Terra" uscì un anno prima). Le immagini sono splendide, di un lirismo abbagliante e di un erotismo dirompente; Murnau compone con la consueta maestria inquadrature dettagliate, con una sapiente gestione dello spazio in esterni. E se forse vengono meno le trovate ardite che rendono ancora oggi sbalorditiva la visione di "L'Ultima Risata" e "Aurora", il tedesco ci regala almeno una favolosa, spiritosa, geniale immagine: tre ragazzi scoprono alcune ragazze che fanno il bagno; controcampo su queste ultime; e poi ancora i tre ragazzi "tagliati" ai margini dell'inquadratura, come se stessero spiando da dietro l'angolo di un muro. La visione dell'esistenza in una Natura incontaminata non è però idillica: i maschi uccidono i pesci; le femmine si scannano per i maschi; un vecchio santone dispone la verginità di una bellissima fanciulla. Anche in una società primitiva, esiste la frustrazione sessuale! L'infelicità di essere stata "prescelta", di dover reprimere il desiderio in favore del rispetto di un rituale assurdo, è ben rappresentata dalla sequenza del ballo, che se da un lato cede un po' al fascino folklorico, dall'altro sintetizza la solitudine e l'amarezza dei due innamorati. Nella seconda metà, il film a mio parere perde un po' di colpi. Anzitutto resta discutibile la scelta di risolvere il "rapimento" di Reri con un'ellisse, privando così l'opera di ulteriori risvolti poetici. Poi l'introduzione piuttosto rozza di una digressione, in cui si presenta l'area di mare "tabù" in cui è proibito pescare perle, pare messa lì solo per giustificare la sequenza finale o per arricchire la trama di un simbolismo francamente superfluo. Inoltre, nel finale, si ricorre a snodi narrativi poco convincenti (ad esempio, Matahi che si rende conto dei debiti contratti coi commercianti locali) e la concitatissima sequenza conclusiva appartiene più al classico cinema avventuroso e romantico (con pure una anticipazione dello Squalo spielberghiano!), sia pur di eccellente fattura, che a quello di un Maestro assoluto della Settima Arte. Tutto questo inquina un po' la sostanza di un film che avrebbe potuto essere più profondo e complesso. Detto ciò, Murnau da comunque prova della sua raffinata idea di cinema anche in questa seconda parte, con trovate suggestive come l'apparizione quasi fantasmatica del vecchio santone e l'ambiguo gioco di penombre sui corpi dei due amanti, quando si ritrovano alle prese con dubbi, dilemmi e scelte cruciali. Per me resta, in ogni caso, un capolavoro mancato.

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