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Dio esiste e vive a Bruxelles

Regia di Jaco Van Dormael vedi scheda film

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La recensione su Dio esiste e vive a Bruxelles

di LorCio
8 stelle

Dio (Benoit Poelvoorde in pieno istrionismo) è un dispotico cinquantenne che abita in un appartamento senza porte d’ingresso né d’uscita, guarda solo programmi sportivi, tracanna birra come se non ci fosse un domani e, grazie ad un computer, decide le sorti dell’umanità in nome dell’odio, tant’è che porta rancore al figlio JC che, finito nel mondo reale attraversando la centrifuga di una lavatrice, ha professato un messaggio d’amore. La figlia di Dio, Ea (la squisita Pili Groyne), dopo l’ennesima sevizia, manomette il computer, scatena il panico nel mondo e scappa di casa con l’obiettivo di redigere un nuovo Nuovo Testamento, accogliendo i turbamenti di sei nuovi apostoli. Altro della trama, forse, è meglio non rivelarlo, non tanto per l’intreccio in sé, che appartiene alla prospettiva postmoderna di molto cinema distopico, quanto per le storie di cui si fa contenitore in un contesto antologico che è tipico della Bibbia. Jaco Von Dormael crea un mondo tragicamente comico o comicamente tragico che si fa portatore di una visione allucinata e beffarda: pur modificando l’immagine e il tono (diciamo così: la voce) a seconda degli episodi (tra lo sperimentalismo parodico, il grottesco classico e la favola eterea), mantiene uno sguardo autonomo e spiritoso che gli permette di prendere sul serio, anche quelle più incredibili (è il caso della moglie di Dio: Yolande Moreau archetipo della casalinga sottomessa che scopre l’indipendenza per caso), le sue creature senza ambire ad un velleitario ritratto sociologico. Il suo piacere del racconto, naturalmente zeppo di iperboli (e di effetti speciali non sempre efficaci ma coerenti con l’idea di una favola), trova la sua cifra ideale nel frammento dell’ultimo apostolo: il legame tra i due ragazzini “diversi” dagli altri non sarebbe dispiaciuto a Truffaut (complice Charles Trenet). Forse qua e là la macchina narrativa pare manifestare una natura troppo programmatica finendo per essere prevedibile, ma le invenzioni non mancano e Catherine Deneuve che limona con un gorilla è già di culto.

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