Regia di Peter Weir vedi scheda film
Ho visto e rivisto questo film, che rimane, al di là di un eccesso di sentimentalismo ed un protagonista volutamente poco sfaccettato (un Keating "troppo" positivo"), tra i miei preferiti. Leggendo le recensioni negative mi sono chiesta quali esperienze di studio avessero avuto i detrattori. Il fatto di essere ambientato in una scuola "economicamente" d'elite (e quindi secondo alcuni lontana dalla realtà) e che i protagonisti siano tutti appartenenti ad una classe sociale privilegiata (è una colpa?) è solo un dettaglio. Importante ma pur sempre un dettaglio. Infatti, avendo io frequentato una scuola italiana pubblica, ma molto selettiva, l'immedesimazione emotiva è stata immediata. In una ribellione ad un metodo di trasmettere cultura che lascia poco spazio all' approfondimento ed alla rielaborazione personale. Assolutamente necessaria ed auspicabile una volta pienamente assimilate le "basi". Che purtroppo però latita, magari anche per mancanza di tempo, pure nelle scuole d' elite (non economicamente ma culturalmente - in Italia le due cose possono, o forse potevano, essere scisse). La ricerca dell'espressione di se stessi non è una tematica nuova, tutt'altro. Ma il film ha il merito di riproporla cercando anche di fare un passo più avanti, universalizzando il messaggio, rielaborandolo in un assunto che per me (sarò ingenua) è verità assoluta: le idee possono cambiare il mondo. E per questo bisogna coltivarle, alimentarle, coccolarle. Le professioni (le nostre cure quotidiane) sono importanti ovviamente, ci permettono di sopravvivere. Ma vivere non è forse un altra cosa? Perchè l' Attimo Fuggente (il titolo italiano non è poi così male, ho visto di ben peggio!) non è altro che una riflessione sull'essenza stessa dell'uomo, ed in qualche modo sulla sua "missione" nel mondo.
In un college americano il professor Keating insegna ai suoi studenti il valore delle idee e li sprona a trovare la propria strada nella vita, attraverso lo studio. Ma non per tutti il destino è la felicità/serenità
Per me il miglior lavoro di Jarre. Onirico e artefatto.
Bravo. Una menzione speciale però alla fotografia e l'ambientazione. Il New England in autunno, la scelta di colori (caldi, rosso e arancione soprattutto) e luci per gli esterni
Bravo come sempre. Anche se nella delineazione del personaggio un po' troppo monocorde (ma non per demerito suo, è la sceneggiatura che lo richiede).
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