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Kingsman: Secret Service

Regia di Matthew Vaughn vedi scheda film

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M Valdemar

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Kingsman: Secret Service

di M Valdemar
7 stelle

 

Teaser poster

Kingsman: Secret Service (2015): Teaser poster



L'offerta di sesso anale da parte della bella prinicpessa svedese al novello Kingsman in missione per salvare la Terra, a occhio e croce, è un incentivo mica male. Se ne ricorderà, infatti, il bellimbusto, a lavoro compiuto (ma quale spoiler, suvvia): lo champagne, due calici, e l'inquadratura fissa - per quanto (pur)troppo fugace - sulle regali avvenenti chiappe, lo certificano.
Il pre-finale, con quella battuta folgorante, da standing ovation, si consuma così; quando altrove senz'altro si sarebbe puntato sull'immancabile, consolatoria (ri)unione romantica (il protagonista che salva la bella con abbraccio/bacio finale). E sì che l'occasione c'era (la donzella conosciuta all'addestramento, corresponsabile poi della riuscita del piano di salvataggio), eppure nemmeno l'ombra, dei sospirosi sensi. L'abbiamo scampata.
E d'altronde, come amano ripetere i personaggi di Kingsman, «Questo non è uno di quei film». Laddove, per "quei film" si intendono naturalmente i sempreverdi spionistici, con particolar riferimento ai più recenti, moderni modelli nei quali «si prendono sempre troppo sul serio». Chiaro e forte il messaggio di Matthew Vaughn (regista, sceneggiatore nonché creatore, assieme all'amico Mark Millar delle comic book series da cui è tratto il film): sbeffeggiare il genere nell'ottica umoristica, chiassona ma anche intelligente che ha fatto le fortune di un gioiello quale è Kick-Ass.

Sophie Cookson

Kingsman: Secret Service (2015): Sophie Cookson

 

Colin Firth, Taron Egerton, Mark Strong, Sophie Cookson

Kingsman: Secret Service (2015): Colin Firth, Taron Egerton, Mark Strong, Sophie Cookson


Con uno sguardo nostalgico al passato, ai grandi classici senza tempo; e non a caso, l'aristocratico mentore Colin Firth, per far comprendere al ragazzino cresciuto nei peggiori sobborghi londinesi quello che l'aspetta (ovvero indossare gli abiti e i modi di un vero "gentleman"), gli chiede se conosce Una poltrona per due o Nikita o Pretty Woman: buio assoluto, ma appena si nomina My Fair Lady, lo sguardo s'illumina.
Che poi le (nobili) intenzioni non si traducano automaticamente e con costanza nel girato, beh, è cosa preventivabile e, tutto sommato trascurabile finché funziona la "maleducata" commistione spy-comedy-action (per quanto certo non originalissima). A farla da padrona, oltre alla consueta girandola citazionista (il carlino compagno d'addestramento si chiama JB in onore di ... «James Bond? No. - Jason Bourne? No. - Allora ... Jack Bauer!») è la violenza grafica, o meglio la grafica della violenza: volutamente sopra le righe, fumettistica (of course), che non risparmia gustosi dettagli splatter e bastarde copule sonore.

Una "poetica" che trova il suo apice in un paio sequenze memorabili: la prima, molto lunga, ambientata in una chiesa (di quelle in cui si semina l'odio per il prossimo), con un Colin Firth impazzito che si rende partecipe di un clamoroso vortice di ammazzamenti, squartamenti e quant'altro su partitura (mai se ne era fatto un uso così sfrontato) dell'immortale Free Bird dei Lynyrd Skynyrd.
Quasi un trip lisergico da godere tutto d'un fiato. La seconda, catartica, giocosa, è l'esplosione collettiva - coloratissima, da cartone animato (con tanto di formazione del "fungo") - delle teste fumanti dei potenti del globo rifugiati nei loro lussuosi, supersicuri bunker: l'accostamento - soltanto apparentemente "stridente" - è con la disco leziosa, laccata, fuori tempo di Give it Up dei KC and the Sunshine Band.







Due scene ottimamente girate (in particolar modo la prima), che dimostrano l'ormai acquisita sicurezza del regista, la padronanza del mezzo e della materia.

Non che tutto funzioni a meraviglia, però. In particolare la tenuta è a tratti deficitaria, poco fluida: pesano le pause, ovvero i necessari momenti di sviluppo psicologico e quelli di "scarico" emotivo, ma anche la lunghezza eccessiva (oltre due ore) tende a far disperdere energie e carica empatica. Inevitabile, poi, che si finisca per utilizzare i medesimi espedienti e meccanismi delle opere di riferimento (i clichè relativi al duro addestramento - compagni stronzi e maestri rigidi ma illuminati compresi, la lotta di classe, l'allievo dalle enormi potenzialità cresciuto in un ambiente povero e ostile, le bizzare armi e i gadget in stile Q, il piano criminoso e la cospirazione orditi da un villain fuori di testa ecc.) ; quantunque la fioritura di dejà vu nasca dai semi dello sberleffo (ma la - facile - giustificazione regge fino ad un certo punto).
Evitabili, al contrario, alcune falle nello script (come è possibile, ad esempio, che al giovine basti fornire cellulare e generalità per entrare nel segretissimo super bunker super protetto di Samuel L. Jackson??), anche se, in operazioni come questa vanno messe in conto e sostanzialmente sbattersene. Molto meno invece si concede che il protagonista (Taron Egerton), in fin dei conti, si riveli piuttosto inadeguato: difetta in carisma e presenza scenica, mantenendo quell'aria un po' anonima, come capitato sul set per caso, e nemmeno col cambio d'abiti riesce ad incidere.
Fortunatamente il resto del cast solleva, per quanto possibile, le cose: il mostro sacro Michael Caine viaggia di mestiere (un gran mestiere, non c'è bisogno di dirlo), Samuel L. Jackson si diverte (e si vede) a caratterizzare un personaggio svitato, ma il più efficace di tutti è senz'altro il sempre sottovalutato Mark Strong: impeccabile e convincente, classe da vendere.

Taron Egerton, Michael Caine

Kingsman: Secret Service (2015): Taron Egerton, Michael Caine




Oh, certo, e poi c'è Colin Firth: la rigida eleganza gli dona, la plasticità action un po' meno; e, posto che nella folgorante sequenza ambientata in una chiesa di cui si diceva poc'anzi fa comunque il suo, vi è da notare, come - SPOILER - alla sua (sorprendente) uscita di scena il film ne guadagna.
Non è più tempo di gentiluomini, mannaggia.

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