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Il racconto dei racconti

Regia di Matteo Garrone vedi scheda film

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La recensione su Il racconto dei racconti

di barabbovich
7 stelle

Nel passaggio dall'iperrealismo della sua opera d'esordio, Terra di mezzo, a questo film fiabesco tratto da alcuni racconti del '600 scritti da Giambattista Basile, sembrerebbe che nel cinema d'essai di Matteo Garrone non ci sia alcuna continuità. E invece il prodigio di questo Cunto de li cunti, come recitava il titolo vernacolare originale, sta proprio nell'aver riportato nell'alveo del racconto fantastico i perni tematici delle ossessioni del regista romano: l'inganno e la semiotica dei corpi. Già perché le tre storie che Garrone seleziona dall'originale parlano proprio di tentativi di raggiro: due gemelli albini nati da un sortilegio ma di diverso lignaggio (uno è figlio della regina, l'altro di una serva), che cercano di confondere la testa coronata (Hayek), maldisposta verso tanta supposta promiscuità di casta; una vecchia sedotta da un re (Cassel) e tramutatasi in una bellissima giovinetta grazie all'incantesimo di una maga e in seguito diventata regina e infine un re (Jones) niente affatto disposto a cedere la mano della propria figlia, promessa in palio a chi saprà riconoscere a quale animale appartenga la pelle di una pulce (gigante) nella convinzione che nessuno riuscirà a farlo. Vincerà un orco, uno dei tanti freaks somatici raffigurati con enorme gusto pittorico che popolano quest'opera immaginifica: pelli ricucite, cuori di drago estratti dalle interiora, nani, volti di sconvolgente bruttezza, i due albini. Il tutto coniugato con un casting internazionale e la colonna sonora assai pertinente di Alexandre Desplat, incastonata su una cornice con lacerazioni da grand-guignol nella quale la differenza la fanno le incredibili location (Donnafugata, Sammezzano e Sermoneta e altri luoghi così magici da non aver bisogno del ritocco al computer) dove la troupe è andata a girare.
Così, dall'inganno per eccellenza del reality a questo Racconto dei racconti (e, in precedenza, Primo amore e L'imbalsamatore), il cinema di Garrone continua a raccontarci l'illusione del reale attraverso il prima deformante del parossismo dei corpi. Peccato soltanto che lo faccia attinendosi a un'illustrazione magistrale ma sostanzialmente fredda.

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