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It Follows

Regia di David Robert Mitchell vedi scheda film

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Utente rimosso (SillyWalter)

Utente rimosso (SillyWalter)

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La recensione su It Follows

di Utente rimosso (SillyWalter)
7 stelle

“La Vita è una malattia sessualmente trasmissibile con esito inevitabilmente mortale” ~ Oscar Wilde  

 

 

       Un bell'oggettino originale. 

       IT FOLLOWS sembra presentarsi come un horror indie a tesi esistenzialista (tesi presa da una citazione Dostoevskijana) che ha principalmente nella cura dell'atmosfera la sua ragion d'essere visto.  

        L'azione muove da un'idea piuttosto semplice simile a quel giochino infantile di passarsi la sfiga che già faceva bella mostra di sé in SCEMO & PIÙ SCEMO (divago...). Ma questa è una sfiga che si passa per via sessuale... il che, quindi, complica un po' tutto nella tensione dei rapporti adolescenziali, si pone come eventuale elemento "simbolico", e richiama uno dei temi tipici dell'horror '70/'80 dove, come insegna VENERDÌ 13, le coppiette morivano spesso col sorriso sulle labbra. 

        Se anche qualche classico colpo da soprassalto "a tradimento" lo mette a segno, non sembra tanto questo l'obiettivo principale. L'obiettivo è evidentemente e felicemente lo stato d'animo che intende creare nel suo complesso. Questa sorta di clima fatto di suspense spessa, paranoia e senso di morte incombente e incomprensibile. Senza dimenticare temi come il ritrovarsi spaesati in un circolo di "affetti infetti", di untori innocenti, nuove responsabilità e nuove paure adulte. E la fuga perenne. I soliti problemi della crescita, insomma.

        Un aspetto interessante di questo gioco dalle ambizioni metafisiche, è che finisce per ridare forza e smalto anche a degli elementi "fisici" elementari. Contro un nemico non battibile, dai mille volti, senza voce, senza ragione nè spiegazioni, le nostre vittime si ritrovano spesso ad aspettare l'inevitabile (è un tema esplicitato), e in una situazione del genere ogni rumore diventa enorme, ogni passante diventa un nemico, ogni passo diventa evocativo (il tema dei "passi" è richiamato anche dalla colonna sonora): in una scena molto efficace la protagonista è in un letto d'ospedale e non può fare altro che sperare che l'autore dei passi che sente non sia la cosa che le dà la caccia. È come una stilizzazione estrema, questo nemico fa una sola cosa: cammina dritto verso le sue vittime. E la tensione si accumula di conseguenza su quei pochi elementi minacciosi: sentire un rumore di passi, vedere qualcuno che ti punta (solitamente è anche pauroso d'aspetto, ma non è una regola). 

 

     

        Stilisticamente parlando ci sono due grandi numi che aleggiano (non troppo invisibili) nell'aria: Carpenter e Lynch. Del primo ritroviamo il rigore, la solida suspense preferita agli effettacci, quella semplicità che diventa grandezza, e alcuni colori di una colonna sonora anch'essa piuttosto semplice ma pure insolita nel suo affidarsi esclusivamente a tastiere e sintetizzatori. Dal punto di vista musicale l'altro nome che subito viene in mente è l'Angelo Badalamenti dei film di Lynch. E immagino non sia un caso che sia stata data una certa importanza anche ai "rumori" alla maniera Lynchiana, con fruscii, rumori bianchi, distorsioni e saturazioni che contribuiscono parecchio a costruire un clima specifico nelle scene più tese. Aggiungerei che la lezione Lynchiana si ritrova sia nell'attenzione per certi dettagli, spesso naturali (4 fili d'erba strappati, chiome degli alberi al vento, uno scoiattolo che passeggia su un cavo della luce), sia nella scelta di concludere alcune scene clou più in maniera "suggestiva", disturbante, enigmatica e visivamente forte che in maniera violenta, sanguinolenta e realmente...esplicativa (in una di queste scene abbiamo anche il classico tremolio di luci amato da Lynch). 

        Detto questo, va anche specificato che queste lezioni hanno prodotto un tutto omogeneo e coerente che mescola e sperimenta, piuttosto che riproporre pedissequamente. L'ambiente, a mo' d'esempio, non ha nulla dei colori iperpastello di un VELLUTO BLU o del profondo utilizzo plastico che Lynch fa delle zone d'ombra. La rappresentazione è semmai più avvicinabile di base a un realismo indie, molto sdrucito, con passaggi quasi "sognanti" dilatati dai ralenty e che ben si sposano coi "tappeti sonori" morbidi e fluidi. Altro particolare interessante: gli anni in cui è ambientato sono indefinibili e un po' fuori dal tempo: non si vedono computer, i televisori sembrano addirittura ante-telecomando (e i ragazzi ci guardano film di fantascienza in bianco e nero di serie B), ma poi una ragazza legge "L'idiota" di Dostoevskij su una specie di e-book Reader a forma di conchiglia... Nel complesso, però, direi che sono tutte componenti che non stridono, e che anzi aiutano a creare un mondo a sè, quasi fiabesco, con suoi abitanti autoctoni, sue regole e suoi confini (un mondo in cui il ruolo degli adulti è marginalissimo, come nelle fiabe che adombrano riti di passaggio). 

        Non tutti gli episodi di terrore tengono perfettamente ( "la cosa" in un'occasione raggiunge la vittima e la prende per i capelli...deboluccio) ma di sicuro si finisce per essere ben disposti anche verso i cedimenti e a non avvertirli eccessivamente proprio perché tutto è immerso in un'atmosfera densa e omogenea, che dà scorrevolezza grazie a un'identità stilistica molto solida. 

        Sorprendentemente ineccepibili le prove dei giovani attori coinvolti, lontani da eroismi, pose, messinpieghe, pizzi e merletti esibiti dai loro coetanei non solo negli horror di largo consumo. Molto merito mi sento di attribuirlo anche qui alla scrittura e alla regia di David Robert Mitchell. 

 

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