Regia di Dino Risi vedi scheda film
Un bel film, ma non certo una commedia come si dice: a dispetto del lieto fine, e dei vari colpi di scena fortuiti e fortunati, è un dramma. Il dramma dell’amore, che può spingere a perdere se stessi, annullarsi, come accade al protagonista. La sua derelizione è commuovente. È lo stesso amore che spinge a diventare cattivissimo un protagonista, ottimamente interpretato da Manfredi, che è buono come il pane. Ciò che fa è orrendo, ed era impensabile se non alla luce di una peraltro falsa informazione ricevuta, e per cattiveria. Questi sono ingredienti tipici di una tragedia.
Certo, i temi squisitamente comici non mancano: oltre agli imprevisti positivi (la vincita al lotto, il voto dell’avversario in amore che scioglie tutto il problema…), ci sono la parodia del genere rosa della subcultura popolare (giustamente criticata sotto traccia), la gentile canzonatura della provincia italiana, semplice e fin troppo sempliciotta, nonché svariate scene divertenti (Manfredi donna a carnevale, il manicure grande e grosso, il riporto impossibile del barbiere…).
Il valore della pellicola aumenta per altri aspetti squisitamente tecnici: il ritmo veloce e brioso impresso da Dino Risi, che anche ha scritto il soggetto con gli sceneggiatori Age e Scarpelli; la musica di Trovaioli. Lode a parte per la recitazione generale, impreziosita dalle prove straordinarie della protagonista Pamela Tiffin (nella parte della ragazza preda di infinite e terribili contraddizioni, causate dalla forza irresistibile dell’amore), e di Tognazzi nei panni del sordomuto. Splendida è poi la resa di questa condizione patologica che il film mostra, in anni ‘60 in cui ancora questo aspetto doloroso e importante della disabilità non si mostrava se non per deridere stoltamente.
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