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Storie di ordinaria follia

Regia di Marco Ferreri vedi scheda film

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La recensione su Storie di ordinaria follia

di alan smithee
8 stelle

"Quando il fondo ti viene a mancare, è una cosa terribile"

Per tutta la vita ho sfidato la morte dell'anima degli altri: i pazzi, gli amici, i nemici, gli imbroglioni.

Ho detto troppe parole, ma mi piace pensare che le mie parole sono belle.

Ma ora non ci sono parole. Solo il vuoto.

Ero accecato dalla brace fumante della memoria, e da un milione di altri pensieri sulla più bella ragazza della città.

Se n'era andata Cass, quell'angelo in forma di puttana che volò troppo vicino al suolo. E si schiantò".

 

Charles Serking è lo scrittore maledetto per eccellenza: la sua arte si poggia sull'autodistruzione che lo stesso autore non si lesina in alcun modo, attaccato com'è al bere, consapevole di trarre da questo usurante vizio che lo sta spingendo verso il baratro, la più genuina fonte di ispirazione in grado di fargli scrivere cose eccellenti, in grado di distinguerlo dalla massa legata a banalità di un vivere decisamente più addentro agli schemi.

Dopo aver declamato una sua poesia, nell'uscire da teatro Serking abborda prima una ragazza nana, che tratta come una bambina da corrompere; poi si reca a casa e, dopo una lite furibonda con la moglie che vuole cacciarlo di casa, si appresta a seguire una appariscente bionda, che sembra pure starci, quando lo accoglie a casa sua, ma che poi lo denuncia per molestie.

Rilasciato il giorno dopo per ripensamento della donna, l'uomo torna al suo bar ed incontra la splendida prostituta Cass, che lo segue, trovando in lui una disperazione che in qualche modo la allontani dai propositi suicidi che la animano.

Insieme in un piccolo motel in riva al mare, i due impareranno a desiderarsi l'un l'altro, cercando per la prima volta ognuno di loro qualcosa di più che la mera soddisfazione dei sensi, immediata e brutale.

In seguito, chiamato a New York da una casa editrice che tenta di lanciarlo e farlo apprezzare al grande pubblico, Serking scoprirà che quel trampolino di lancio è in realtà una prigione in grado di ostacolare completamente la sua vena poetica, completamente tarpata da uno stile di vita che lo vorrebbe sempre sobrio e rilassato per una migliore concentrazione. Al contrario di ciò che capita agli altri scrittori, Serking si nude della propria autodistruzione, senza la quale si ritrova in mezzo al nulla.ù

Tornato in città, lo scrittore scopre che Cass è riuscita a suicidarsi e all'uomo non resterà che abbracciarla e baciarla nella bara, tra lo sconcerto di una suora presente alla veglia.

Intitolato come l'omonima raccolta di racconti di Charles Bukowski, l'adattamento di Marco Ferreri, girato in lingua inglese e interamente negli Usa, in realtà si sofferma sull'autore, che nel film adotta uno pseudonimo di comodità, e lo segue nel suo delirante processo di progressiva, costante ed ossessiva distruzione fisica, secondo un processo che appare indirettamente proporzionale al processo ispirativo che ne alimenta la produzione artistica, la sola a trarre giovamento da uno stile di vita autodistruttivo e masochista.

Probabilmente pochi registi meglio di Ferreri avrebbero potuto gestire con la stessa ammirevole ed un po' folle maestria una tematica tanto eccessiva, quanto arrischiata e balorda che riesce assai bene a rispecchiare le atmosfere che hanno ispirato l'opera morbosa ma anche geniale di uno dei maestri indiscussi del cosiddetto "realismo sporco" statunitense.

Ferreri non indietreggia dinanzi ad alcuna tentazione provocatoria, esibendo un coraggio da leoni nel rappresentare, senza alcun tipo di censura o tentazione di ammorbidimento, la strada in picchiata di un genio della disperazione, diretto a precipizio verso un abisso, ovvero quel suolo gravitazionale ove si finisce per schiantarsi, qualora lo si sfiori con troppa insistenza, ma che, per il nostro poeta, finisce per dimostrarsi l'unico punto saldo e concreto necessario a garantirgli quella genuinità di ispirazione che invece, altrove, tra la società perbene, egli finisce per smarrire inevitabilmente.

Ben Gazzara di impegna in uno dei ruoli più sgradevoli ma più interessanti e potenti di tutta la sua lunga e versatile carriera d'attore, mentre Ornella Muti, mozzafiato anche quando autodilaniata dal suo spillone punitivo implacabile, è in grado di tenergli testa con la sua prorompente perfezione fisica e col suo sguardo felino in grado di abbagliare.  

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