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Carol

Regia di Todd Haynes vedi scheda film

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La recensione su Carol

di alan smithee
8 stelle

Una struggente storia d'amore impossibile, ma necessaria. Una lezione di dignità e coraggio raccontata da Haynes con una formalità impeccabile, che tuttavia non soffoca né il sentimento, né l'emozione sottostanti.

FESTIVAL DI CANNES 2015 - CONCORSO - PALMA D'ORO PER LA MIGLIORE INTERPRETAZIONE FEMMINILE A ROONEY MARA

Gli sfavillanti, ma anche molto formali anni ’50 della società e della medio-alta borghesia statunitensi, sono da tempo il teatro d’azione preferito per il talentuoso regista Todd Haynes, almeno come gli adattamenti in costume dei primi del ‘900 (specie se trasposizioni dai romanzi di E. M. Forster) sono stati terreno fertile e propizio per un altro regista elegante, ma pure concreto nei contenuti, come James Ivory.

Carol, tratto da un coraggioso romanzo di Patricia Highsmith, celebra una storia d’amore impossibile, eppure coltivata sino alle estreme dolorose. ma necessarie conseguenze: due persone che per natura, sessualità, convenzione, estrazione sociale ed età, non hanno nulla di ragionevolmente efficace e propizio per poter allacciare una reciproca relazione sentimentale, vengono coinvolte l’una verso l’altra quando l’algida e ricca Carol, sposa infelice con pratiche di separazione già avviate, incontra casualmente in un negozio per giocattoli, nel periodo delle festività natalizie, una commessa esile e carina di nome Therese, rimanendone folgorata, oltre che timidamente ricambiata nel sentimento di attrazione percepito.

La relazione che finisce per legare le due donne, osteggiata in tutti i modi dal marito della prima, intenzionato a non rassegnarsi al suo ruolo di marito abbandonato, ed anzi risoluto con ogni mezzo a riprendersi l’amata consorte, esporrà entrambe dinanzi ad un abisso ove precipitare e cadere rovinosamente diviene la probabilità più verosimile. Tuttavia questa rischiosa evenienza permetterà altresì ad entrambe le donne di esplorare lati e risvolti piu' genuini ed autentici del proprio carattere, luoghi e panorami interiori che nessuna delle due conosceva come è doveroso che sia, e permettendo anche ad entrambe di trovare una collocazione più consona per attitudini, interessi e capacità reciproche.

Scendendo a patti con le rigide regole e convenzioni sociali, cercando di difendere i propri diritti/doveri di madre, messi in ombra da odiose macchinazioni orchestrate dal consorte per riuscire almeno ad aggiudicarsi, come ripicca infantile e codarda, l’affidamento totale della figlioletta ai danni della donna, Carol si presenta come un’opera tecnicamente perfetta nelle sue fattezze, orchestrata con una cura esasperata, ma anche ammirevole, per i dettagli, per la ricostruzione d’ambiente ed uno studio accurato dei caratteri e delle perversioni di una società perbenista, ma nello stesso tempo falsa, acerbamente moralista e senza scrupoli di fronte alla possibilità ed evenienza di mostrarsi tollerante e ragionevole verso tutto ciò che può sviare dalle convenzioni e dagli inflessibili binari rigidamente imposti dalle regole di vivere ritenute civili.

E se nella prima parte può sorgere il dubbio di trovarsi di fronte ad una sofisticata, iconografica, minuziosa ma anche esteriore rappresentazione “estetica” di una società di fatto intollerante e chiusa in se stessa, col procedere dei drammatici avvicendamenti, Haynes riesce a scaldare le sue eroine dell’afflato passionale della ragionevolezza e della tenacia, alimentati entrambi dalla consapevolezza intima e sincera di star facendo qualcosa di giusto e corretto che possa finalmente accontentare e rispettare le intime predisposizioni del proprio essere.

Il discorso che Carol pronuncia dinanzi ai due avvocati divorzisti, è un atto di coraggio e di ragionevolezza che potrebbero assumere valenza interdisciplinare e suggellare il trionfo della ragione sull’ignoranza: quella che ancora divide civiltà e popoli, in nome di principi, religioni, ragioni ideologiche che da sempre costituiscono la radice di ogni odio e di ogni intolleranza, e dunque l’essenza primaria che dà vita ad ogni conflitto dalla notte dei tempi.

Carol che rinuncia all’affido congiunto della figlia, rappresenta un atto eroico come tanti simili e sconosciuti, che non appariranno mai nei libri di storia, ma senza i quali la storia dell’uomo non potrà che essere contrassegnata per sempre dalla divisione e dalla violenza.

Cate Blanchett, sempre più icona, diviene per Haynes una figura agiografica, quasi sacra: il film si identifica in tutto e per tutto nel suo semplice apparire: a Cannes le hanno preferito la pur lodevole Rooney Mara, una nuova Audrey Hepburn dolce e deliziosa che tuttavia sta in piedi, come personaggio e come ruolo, solo grazie alla prima.

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