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Lo squalo

Regia di Steven Spielberg vedi scheda film

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La recensione su Lo squalo

di scandoniano
10 stelle

Martin Brody  (Roy Scheider) è il capo della polizia di Amity,un isolotto di vocazione turistica che si appresta a festeggiare il 4 Luglio assieme alle frotte di visitatori venute “dal Continente”. Una notte una ragazza scompare dopo un bagno assieme ad un amico sbronzo; il mattino seguente viene trovato il suo corpo maciullato. I sospetti ricadono su uno squalo, ma il poco lungimirante, nonché arrivista, sindaco di Amity non consente a Martin di bloccare la stagione balneare. Il 4 luglio sarà una giornata di sangue, per cui la cittadinanza deve rivolgersi all’istrionico Quint (Robert Shaw), marinaio e ammazza-squali di vecchio corso, ed all’oceanografo Matt Hooper (Richard Dreyfuss) per eliminare lo squalo…

 

Come sottolinea la colonna sonora (vincitrice di un Oscar a John Williams), “Lo squalo” non è semplicemente un film drammatico; il suo autore, un giovane Steven Spielberg alla sua prima megaproduzione, infarcisce il film di grande suspense e di tematiche tipiche del film d’avventura. In effetti il film si potrebbe dividere in due parti ben distinte: il mistero attorno alle morti in mare, ammantato di vivide tinte thriller, e la seconda parte, ossia quella in cui, individuato il colpevole, i protagonisti si avventurano in mare per andarlo a scovare ed uccidere. Sia nel primo che nel secondo tempo (come si diceva una volta), il cineasta di Cincinnati se la cava egregiamente, portando a termine un prodotto clamorosamente compatto, a tenuta stagna, senza fronzoli né sbavature. Giustamente considerato ancora oggi uno dei capolavori della storia del cinema.

Sul piano tecnico, Spielberg padroneggia la macchina da presa con estrema maestria, mostrandosi con clamore al mondo del cinema come più maturo dei suoi 29 anni; la macchina non sta ferma praticamente mai: carrelli e panoramiche si sprecano, le soggettive dello squalo sono ancora oggi epiche, e con il montaggio (affidato al premio Oscar Verna Fields), decisamente ben eseguito e che valorizza le splendide inquadrature.

I temi trattati sono molteplici e anticipano alcune tematiche cardine della poetica di Spielberg, a partire dall’inettitudine e l’arrivismo (misti a ignoranza e superficialità) di alcune figure istituzionali, lo spirito d’avventura insito nell’essere umano, l’uomo costretto a confrontarsi con realtà (e spesso entità) fuori dall’ordinario, l’immedesimazione del pubblico coi protagonisti (si dice di spettatori che non siano mai più entrati in acqua dopo aver visto questo film…).

Il film ha una valenza enorme sul piano storiografico, trattandosi, oltre che del primo successo planetario del papà di E.T., anche del primo film ad aver avuto un impatto sociale incredibile, diventando un fragoroso fenomeno di costume, uno dei primi franchise della storia del cinema, capace di travalicare lo spazio della pellicola e rappresentare qualcosa di altro rispetto ad un semplice spettacolo d’intrattenimento. La distribuzione, capillare e soprattutto innovativa (direttamente in tutte le sale, nei grandi centri come in provincia, cosa mai avvenuta prima), tanto da farne un esempio dell’applicazione del marketing nella settima arte. Probabilmente, per queste e per altre ragioni, il primo “blockbuster” di sempre. Il film è talmente grande che l’indubbio dispiego di mezzi, necessari ad ottenere degli effetti speciali innovativi, quasi passano in sordina rispetto al resto, grazie alla grande armonia con cui Spielberg concepisce il tutto.

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