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Anime nere

Regia di Francesco Munzi vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Anime nere

di laulilla
8 stelle

Per la regia di Francesco Munzi che lo ha co-sceneggiato, Anime nere è tratto dal romanzo dallo stesso titolo di Giaocchino Criaco. Presentato, con successo controverso, a Venezia nel 2014.

 

 

Al centro del film la vita di tre fratelli di Africo, paesetto della Calabria ai piedi dell'Aspromonte. La storia per certi aspetti si colloca all'interno della tradizione regionalistica e neorealistica di molto nostro cinema, ricontestualizzata nella realtà di oggi, però, quando la dimensione internazionale dei problemi non può essere elusa neppure ad Africo, luogo che sembra essersi fermato ai tempi arcaici dei pastori-patriarchi, nel quale la lingua nazionale non è mai arrivata e dove "Garibaldi fece una brutta fine".

 

Arrivano dall'estero, infatti, più precisamente dall'Olanda, i soldi che due dei fratelli protagonisti della vicenda destinano alla famiglia: Luigi (Marco Leonardi) ne guadagna molti grazie al controllo del traffico di droga, che ha nel porto di Amsterdam il proprio centro operativo; suo fratello Rocco (Peppino Mazzotta) li ricicla a Milano, ripulendoli con la copertura di una improbabile attività di imprenditore. Il terzo fratello, Luciano (Fabrizio Ferracane), invece, non si è mai allontanato da Africo, dove conduce orgogliosamente una vita modesta, quasi povera, fra le capre che porta al pascolo e che gli permettono un commercio pulito di prodotti ovini. Non ha rapporti con i due fratelli malavitosi, se non nei brevi periodi in cui essi ritornano al paese per rivedere la vecchia madre (Aurora Quattrocchi), per distribuire balocchi e profumi fra la parentela, soprattutto femminile rimasta lì ad attendere, e, soprattutto, per decidere affari poco chiari, che possano accrescere il prestigio della "famiglia".

 

 

 

La grande preoccupazione di Luciano è il figlio Leo (Giuseppe Fumo), un giovane intorno ai vent'anni che, come molti altri suoi coetanei non solo in Calabria, non lavora né sa come impiegare il proprio tempo: non vuole fare il pastore come il padre e preferisce rimuginare su una antica faida paesana che Luciano vorrebbe lasciarsi alle spalle, nonostante l'offesa che lo aveva reso orfano da piccolo e che aveva precipitato l'intera famiglia nel "disonore" della povertà e della scarsa considerazione sociale.

 

Egli vede, con angoscia, che il figlio si sta avventurando in pericolose e stolide provocazioni in paese, e paventa il suo inevitabile avvicinarsi a Luigi e a Rocco, che ai suoi occhi di giovane poco riflessivo paiono gli unici capaci di proteggerlo dopo le bravate, nonché gli unici in grado di restituire alla famiglia l'onore e il rispetto che merita.

In questo clima matura la tragedia terribile e imprevista che si abbatterà su tutti loro, vanificandone progetti e aspettative e distruggendo ad uno ad uno i colpevoli e gli innocenti, ma spezzando, infine, la catena delle faide e delle vendette. Per questo carattere di catastrofe fatale e catartica, degna delle antiche rappresentazioni teatrali, alcuni critici hanno parlato di film costruito come una tragedia greca di cui sarebbero ravvisabili almeno alcuni elementi: la prevalenza maschile degli attori; il ruolo subalterno delle donne, sfondo corale della vicenda; la presenza di un protagonista sconfitto nel proposito di evitare a ogni costo la conclusione drammatica; il tema della vendetta; l'elemento satiresco dei capri.

 

Il finale della pellicola è assai sorprendente e costituisce, secondo me, la parte migliore dell'intero lavoro, perché, allontanandosi dal carattere documentario che lo apparenterebbe ai soliti film di mafia, introduce alcuni elementi mitico-antropologici che insinuano qualche dubbio circa il ruolo deterministico dell'ambiente sulla storia angusta dei personaggi, ciò che dà maggiore respiro a tutto il film, che, pur sempre radicato, quanto alle immagini, ai comportamenti e alla lingua, nella piccola realtà di Africo, può suscitare molte riflessioni anche nella direzione del ripudio della violenza, che è presente sia pure fra mille contraddizioni, dall’inizio al complesso finale.

 

Attenta e accurata la regia; bravissimi gli attori; belle le immagini di una Calabria poco turistica davvero.

 

 

 

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