Espandi menu
cerca
Anime nere

Regia di Francesco Munzi vedi scheda film

Recensioni

L'autore

mc 5

mc 5

Iscritto dal 9 settembre 2006 Vai al suo profilo
  • Seguaci 119
  • Post 1
  • Recensioni 1059
  • Playlist 57
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Anime nere

di mc 5
10 stelle

Avevo quasi rinunciato a recensire questo film. Già il mio contatto con esso è stato decisamente particolare. Di solito commento film nuovissimi appena usciti al cinema (sì, perchè io sono ancora uno dei sopravvissuti che il cinema lo vedono solo al cinema). Questo film era in gara all'ultima edizione del festival di Venezia. dove si è guadagnato una quantità di elogi da parte della critica, poi però nelle sale ha avuto vita difficile (cosa peraltro assai prevedibile, inutile star qui a a piangerci addosso, i tempi son quelli che sono e il mercato è quello che è). Poi diciamo che in tempi successivi se ne è riparlato perchè si è aggiudicato qualche premio e alcuni critici hanno ricominciato a "spingerlo". Fatto sta che alcune sale lo hanno ripescato. Nel mio caso è stata davvero una sorpresa: una multisala di provincia, peraltro proprio in questa sfigatissima cine-estate in cui il cinema pare ovunque essersi addormentato, ha avuto la brillantissima idea di proporlo al pubblico mimetizzato tra le (poche) nuove uscite. Intendiamoci: alla proiezione cui ho assistito ero l'unico spettatore presente, ma questi son dettagli già da me metabolizzati, che non mi scalfiscono più di tanto. E se il Popolo Bue preferisce i "thriller ad alta quota" con Nicolas CANE o le minchiate milionarie di Pixels, beh affari suoi. Devo dire che il mio imbarazzo nel commentare quest'opera è dovuto soprattutto all'impatto devastante che ha avuto su di me. Il titolo è infatti ben congegnato, qui si parla proprio di Anime Nere. Al di là di inchieste giornalistiche e televisive sulla 'ndrangheta, non sappiamo molto dello sfondo di quelle storie di malavita, delle persone che le animano, delle loro radici, del loro "brodo culturale". Ecco, questo film ci apre un mondo che pochi di noi conoscono. E men che meno quelli come me che vivono al nord. E l'incontro con questo mondo mi ha lasciato allibito. Perchè quel che riesce difficile pensare è che in questo secolo, mentre si discute di banda larga, esista un'umanità così avvinghiata alle proprie tradizioni popolari, che spesso coincidono con ossessioni (sì ossessioni) arcaiche che travalicano in ottiche tribali, in concetti secolari basati sull'onore, sulla vendetta, sulle punizioni, sull'omertà condivisa, su un fortissimo senso di odio verso lo Stato cui si sostituisce un altro stato, con altre leggi, spesso tribali. E tutto ciò sopravvive nel 2015, e quasi non ci si crede. Quando si parla di Tradizioni Popolari bisogna stare attenti (e non solo per la Calabria ovviamente), belle le tarante, belle le feste popolari, suggestive sì, ma occorre saper distinguere il folklore (ancorchè filologicamente certificato) con riti e stili ad un passo dall'oscurantismo e dalla violenza animale. E si evocano legami famigliari che sanno di clan, e soprattutto di leggi arcaiche non scritte che chi le sgarra paga con la vita.
Abbiamo dunque questi tre fratelli, originari dell'Aspromonte che sono assai diversi ma che vivono nel cuore del sistema cui sopra accennavo. Vediamoli uno per uno. Luigi si è realizzato e vive nell'agio di chi si è conquistato benessere e autorevolezza attraverso un fitto commercio di droga con paesi esteri. Rocco -anche lui grazie alle provvidenze della "famiglia" e alle sue manovre- si è costruito un'immagine di brava persona, anche ricca, con una bella moglie borghese (una bravissima Barbra Bobulova) la quale fa finta di non accorgersi (le conviene, ovvio) da dove provenga il proprio benessere. Lui è più riflessivo e meno impulsivo del fratello Luigi, ma la pianta (o la "malapianta") è la medesima. E infine abbiamo Luciano, che si vede crescere attorno un mondo nel quale fatica a riconoscersi e ci sta molto male, ne soffre. Lui sa perfettamente dei traffici dei due suoi fratelli ma se ne tiene a parte e vorrebbe poter pensare solo al suo allevamento di capre: il problema principale per lui è il suo giovane figlio, un ragazzo incontenibile che abbraccia con entusiasmo quel "sistema" fatto di legge del più forte, di vendette e di punizioni per chiunque sgarri. Questo è lo scenario da cui muove la vicenda che evolve fino ad un finale estremamente duro e drammatico, che lascia sconcertato lo spettatore. Si tratta di una pellicola straordinaria, intanto perchè pur poggiando su una confezione artigianale (si ha quasi l'impressione che diversi degli attori non siano professionisti), in realtà emana una potenza davvero fortissima, scatena emozioni, genera suggestioni e lascia parecchio amaro in bocca. Dunque un'opera per certi versi povera ed essenziale ma in effetti ricchissima. E i tre attori che impersonano i fratelli sono straordinariamente credibili. Uno più intenso dell'altro, ma sono efficacissimi anche tutti quei volti da clan che dominano lo schermo dall'inizio alla fine. E le donne? Beh su di loro, sul loro ruolo, ci vorrebbe un capitolo a parte, tra quelle che fingono di vivere in un contesto normale e quelle che hanno capito tutto e sono mute testimoni di quella "cultura". Pastorizia e traffici internazionali di droga convivono tra loro, tra sospetti e rancori. E proprio in questi giorni in cui nei TG si parla tanto di "aiutare il Sud", uno esce dalla sala e riflette. Ma QUESTO Sud, quello raccontato nel film, chi potrà mai aiutarlo? E' possibile? E' recuperabile? Io non ho risposte.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati