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Jauja

Regia di Lisandro Alonso vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Jauja

di maurizio73
6 stelle

Dalla didascalia in epigrafe di una vagheggiata e leggendaria El Dorado che si perde nella notte dei tempi e nelle profondità del deserto patagonico,la dichiarazione di intenti di un racconto sospeso tra storia e mito rende esplicito l'orizzonte allegorico di una vicenda umana di disperazione e solitudine nel distacco forzato dalla propria progenie

Un capitano danese, di stanza in Argentina durante una guerra coloniale, parte dal suo accampamento sul mare per inseguire la giovane figlia fuggita con un soldato di cui si è innamorata. Il viaggio, lungo e irto di insidie, lo condurrà attraverso territori desolati verso l'amara consapevolezza di una irrimediabile sconfitta umana.

 

locandina

Jauja (2014): locandina

 

Anche qui, com'è d'uso, il tema del viaggio si connota in Alonso per una rappresentazione del reale disseminata di elementi simbolici che sfuggono ad una interpretazione immediata, per farsi tramitre di un discorso altro: un improbabile ritorno alle proprie radici piuttosto che la ricerca del senso di una dimensione umana messa a confronto con la ciclicità della vita (il sesso, i legami familiari) e della morte (la prigionia, la scomparsa).
Partendo dalla didascalia in epigrafe di una vagheggiata e leggendaria El Dorado che si perde nella notte dei tempi e nelle profondità del deserto patagonico, la dichiarazione di intenti di un racconto sospeso tra storia e mito rende esplicito l'orizzonte allegorico di una vicenda umana di disperazione e solitudine nel distacco forzato dalla propria progenie: una novella Kore che si ribella all'ordine ed all'autorità costituita (l'esercito, l'istituzione familiare) nella sua transizione dalla purezza virginale dell'adolescenza alla regale superbia di una volitiva Persefone, dea degli inferi assisa al trono di un brullo deserto basaltico in balia di un ex ufficiale coloniale datosi alla macchia ed autoproclamatosi re dell'Ade.
La catabasi di una ricerca che abbandona la sicurezza e la fertilità della costa per addentrarsi nella desolazione di un entroterra che passa con graduale ma inesorabile transizione dalla verdeggiante ondulazione della pampa alla sparuta punteggiatura di una vegetazione arbustiva, fino alla brulla asperità della roccia nuda è l'itinerario obbligato di un padre alla sconsolata ricerca di una figlia perduta, ma anche e soprattutto la disperata presa di coscienza di una disgregazione di quei legami che il tempo e la Storia operano sulla resilienza aggregatrice delle civiltà umane ("Tutte le famiglie scompaiono prima o poi, anche se ci mettono molto tempo. Vengono spazzate dalla faccia della terra. Il deserto le ingoia" , dice la megera vegliarda che abita una grotta che come quella di San Giovanni Galermo sembra rappresentare l'oscura anticamera della bocca dell'inferno).
Nel classico 35 mm, un formato 4:3 è l'angusta cornice cinematografica di una composizione del quadro per lo più fatto di inquadrature fisse e di lenti movimenti di macchina; una successione di tableaux vivants che se da un lato limitano l'orizzonte d'azione di personaggi vincolati alle proprie insicurezze, dall'altro costituiscono l'insolita rappresentazione estetica di un racconto morale in forma di graphic novel, in cui i protagonisti sembrano entrare e uscire dalla scena come farebbero le figure bidimensionali di un fumetto per opera dell'oscuro demiurgo che ne ha deciso le sorti: "Cosa consente a una vita di funzionare e andare avanti?"...Non c'è riposta che faccia seguito a questa domanda, nemmeno nell'erterno ritorno di una metempsicosi che sembra chiudere ellitticamente (e forse in modo un po' troppo oscuro ed ermetico) il racconto del sogno di un'adolescente dei nostri giorni che si risveglia nell'elegante palazzo avito per allontanarsi subito dopo in mutande , novella silenziosa Veronica che porta a spasso il suo fedele e irsuto animale appena al di là del cancello di casa.
Forse meno riuscito delle opere precedenti, anche a causa delle concessioni ad un lirismo che si muove pericolosamente sul filo di una malintesa ironia, si avvale delle belle musiche extradiegetiche composte ed eseguite da un sorprendente (e cosmopolita) eroe dei due Mondi Viggo Mortensen. FIPRESCI Prize a Lisando Alonso al Cannes Film Festival 2014.

 

 

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