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Lo sperone nudo

Regia di Anthony Mann vedi scheda film

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FABIO1971

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La recensione su Lo sperone nudo

di FABIO1971
8 stelle

Avvincente ed epico road-movie western, girato negli splendidi scenari naturali delle Montagne Rocciose in Colorado, in cui Mann si affida agli sceneggiatori esordienti Sam Rolfe e Harold Jack Bloom per raccontare la caccia dell'inquieto James Stewart, reduce di guerra piantato dalla moglie, accompagnato da un cercatore d'oro (Millard Mitchell) e da un disertore dell'esercito (Ralph Meeker), ad un fuorilegge (Robert Ryan) sulla cui testa pende una taglia di 5000 dollari e, dopo averlo scovato in compagnia della sua ragazza (Janet Leigh), lo catturano intraprendendo poi un lungo viaggio per scortarlo fino in città. Avidità, egoismo, passioni represse, ambiguità, violenza, misteri, il rapporto con la natura: durante il lungo viaggio nessuno, nel quintetto dei protagonisti, appare limpido ed eroico, nel senso più classico del termine, celando la propria presunta solarità d'animo e di intenti nell'oscurità e nel peso di un passato tormentato. Mann ne esplora le dinamiche celate nell'ombra e ne lascia esplodere le pulsioni più distruttive, osservando con il senso rigoroso del ritmo e la consueta maestria nella gestione degli spazi il sofferto percorso verso la redenzione. L'operatore William C. Mellor cattura nella suggestiva fotografia lo splendore degli esterni naturali, con le atmosfere minacciose dei cieli carichi di nubi, contrappuntando gli stati d'animo dei personaggi e le evoluzioni dei loro rapporti con le variazioni climatiche, dai colori scintillanti delle valli assolate, alle ombre dei boschi, fino al diluvio torrenziale e alla neve delle montagne. Poi torna il sole, ma l'ambiente è ormai diventato impervio ed ostile, e solo quando il climax emotivo della vicenda si trasfigura nel gran duello finale, in cui vengono regolati i conti e ripristinata la convenzionalità drammaturgica (non più il trionfo di un anti-eroe cinico e disperato, ma un eroe finalmente puro e con la speranza di ricostruirsi una nuova vita), la natura torna morbidamente ad avvolgere le gesta dei suoi personaggi. L'incedere classico del finale, con la sua eccessiva melassa buonista, banalizza, però, oltre misura la straordinaria forza espressiva della messinscena, sottraendovi quella magistrale aura da western malato che ammantava il percorso dei suoi anti-eroi. Resta, comunque, un prezioso e smagliante compendio delle tematiche più vitali del western secondo Mann, con i suoi personaggi rosi dai tormenti costretti a riscattarsi nel nome dell'etica della frontiera e della legge. E la sequenza della sparatoria con gli indiani nel bosco, con il suo raggelante finale silenzioso, dove nessuno ha la forza di parlare, lasciando solo al rumore delle foglie sugli alberi, scossi dalle raffiche del vento, il macabro commento di dolore, ne costituisce l'abbagliante vertice espressivo.

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