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Kreuzweg - Le stazioni della fede

Regia di Dietrich Brüggemann vedi scheda film

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La recensione su Kreuzweg - Le stazioni della fede

di Kurtisonic
6 stelle

Lea van Acken

Kreuzweg - Le stazioni della fede (2014): Lea van Acken

Cinema del rigore, nello stile come nel tema trattato, Kreuzweg sembra andare indietro nel tempo. Quattordici capitoli con la macchina da presa fissa sull'inquadratura mentre al suo interno si sviluppa una vera e propria via crucis immobilizzante e drammatica. Maria che sta per essere cresimata ha una famiglia in cui il credo religioso è vissuto in modo integralista e asfissiante. La ragazzina compirà una scelta spiazzante che vorrebbe portare lo spettatore a rideterminare i propri sentimenti non tanto verso la religione, in questo caso quella cattolica convenzionale che resta positivamente ai margini della vicenda, ma nei confronti dell'assolutismo dogmatico di ogni genere e forma. Che il cinema abbia da sempre tratto una linfa assai redditizia dalla ricerca di spiritualità o dal conflitto interiore che essa genera è confermato dall'interesse  suscitato presso i grandi autori, dentro una lista lunghissima che potrebbe andare da Dreyer fino ai giorni nostri con Von Trier. Se analizziamo la metodologia di rappresentazione di Kreuzweg, come detto a camera fissa, senza indugiare su espressività o sull'azione stessa, escludendo anche un minimo effetto scenografico, il film risulta privo anche di un qualche scossone narrativo conseguente ad una tecnica di montaggio un pò eversiva rispetto a ciò che racconta, e ci troviamo davanti ad un'operazione anche apprezzabile per la sua forza di denuncia, ma che deve fare i conti con una freddezza e una distanza che mette a rischio rifiuto dallo spettatore che ne riconosce immediatamente l'asse portante senza che non ci si discosti mai da esso. Il discorso formale rimane essenziale, coerente con il suo contenuto morale ma anche bisognoso di aprirsi verso una discussione autentica su ciò che mostra, invece che fermarsi alla cruda documentazione. La comprensione del film non avviene attraverso l'analisi dell'ambito socio familiare che condiziona la giovane, è tutto estremamente chiaro fin dall'inizio, ma consentendo a Maria la possibilità di identificare o di trasfigurare ciò che crede in un sentimento di apertura e di conoscenza verso la vita. Trattandosi però di un'adolescente non solo risulta facile l'azione persuasiva e di convincimento nei suoi confronti, ma le caratteristiche tipiche dell'età connaturate al suo essere fragile, all'incompletezza di una maturazione sentimentale in corso di formazione non contribuiscono alla creazione di un conflitto vero e allo scontro interiore più doloroso. Ci riferissimo a personaggi cinematografici analoghi non siamo vicino alla Bess di Le onde del destino, dove il suo sacrificio riesce a sublimare insieme senso di colpa e passione amorosa in compassione totalizzante verso l'uomo-dio che salverà, e nemmeno verso le protagoniste di Oltre le colline dove il confine spirituale e fisico dell'amore vorrebbe essere la traduzione vana delle parole della fede. La personalità in divenire della quattordicenne Maria risulta troppo in linea con la sua assurda guida spirituale senza che intervengano quegli elementi esterni propri della crescita dell'individuo che aprono nuove strade, interessi, pulsioni del cuore e del corpo. Non tragga in inganno la didascalia nella locandina del film, "si può amare dio e la musica pop?" la vita di Maria resta claustrofobicamente ristretta e segnata, ma nemmeno la risoluzione finale riuscirà a far andare il possibile dibattito oltre la normale presa d'atto e l’inevitabile condanna.

 

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