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Sono fotogenico

Regia di Dino Risi vedi scheda film

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La recensione su Sono fotogenico

di Furetto60
7 stelle

Commedia caustica, dal sapore agrodolce di Dino Risi.Da riscoprire

Un giovanottone sognatore ed ingenuo, vagheggia l’idea  di sfondare nel mondo del cinema.Il ragazzone anche se trentenne vive ancora con i genitori presso Laveno, amena località  sita sulla sponda del  lago Maggiore, Antonio Barozzi, al secolo Renato Pozzetto, è un aspirante attore che a dispetto delle speranze del padre, che lo vede con «una testa perfetta da sportello di banca» e delle preoccupazioni della madre, che teme faccia la fine di un ingegnere, che è costretto a fare lo spazzino per sbarcare il lunario, è persuaso che prima o poi farà l’attore, nel frattempo ozia fino a tardi e perde tempo al  bar del paese dove è un bersaglio fisso dei lazzi, degli amici, che lo burlano continuamente, arrivando persino a scrivergli una finta lettera di Federico Fellini.Il bamboccione un bel giorno, decide di dare concretezza al suo progetto, cosi lascia la famiglia, la sua stanza affollata da poster di divi del cinema e prova l’avventura cinematografica, recandosi a Cinecittà, la mecca del cinema nostrano. Tra le tante peripezie e i tanti incontri gli capita pure di imbattersi in un sedicente agente di spettacolo, tale Pedretti, avvocato cinico e cialtrone, che approfittando delle sue patetiche velleità artistiche, ne succhia avidamente le risorse economiche. Nella Capitale,gliene capitano di tutti i colori,si innamora poi, della spregiudicata Cinzia l’incantevole Edwige Fenech, attricetta pronta a concedersi a tutti quelli che possono aiutarla e incontra personaggi che realmente fanno parte di questo mondo.  

Antonio persegue  tenacemente la sua ambizione, si arrangia nel frattempo con piccole comparsate, proprio durante una di queste sortite si verifica “l’incidente”, durante le riprese di un film, finisce nel posto sbagliato al momento sbagliato, facendosi inquadrare maldestramente dalla telecamera, suscitando l’indignazione di Gassman e l’ira di Monicelli, nelle parti di sé stessi, che lo redarguiscono aspramente, lui avvilito ed esasperato abbandona il set, dopo avere insultato tutti, poi rimane intrappolato in ascensore, con un famoso produttore italo-americano, al  quale strappa la promessa di una parte importante e perciò a seguire vola a Los Angeles, ma inutilmente. “Vi piace l’America?! gli chiede l’autista di costui, che fa promesse a tutti, dimenticandosene puntualmente, infatti lo sta rispedendo in Italia, “Molto meglio Laveno». risponde Antonio Barozzi, allora rinuncia a Los Angeles e a Hollywood, ma non al sogno di fare l’attore, mentre imperterrito si presta a fare la comparsa, si ritrova in auto accanto ad un folle stuntman e si infortuna seriamente e finalmente molla definitivamente, accettando il lavoro in banca e tornando con la fidanzata storica. Più che una fabbrica dei sogni, il mondo del cinema, descritto da chi vi lavora, la sceneggiatura è firmata da Risi, da suo figlio Marco e da Massimo Franciosa, appare come una cinica azienda dove prosperano i furbi, gli affaristi senza scrupoli e dove gli animi puri, come Antonio, sono destinati a soccombere. Tuttavia a  fronte di una morale amara, ci sono diverse pagine di autentica comicità, animate dalla  fantastica  mimica del corpo, o meglio sarebbe dire del viso di Pozzetto, tra lo stranito e  l’imbambolato, la migliore, quella in cui si reca da un fotografo specializzato per realizzare book da consegnare ai provini, costui gli chiede di volta in volta varie espressioni: arrabbiato, preoccupato ,contento, deluso una bella gamma di emozioni a cui un surrealissimo Pozzetto regala sempre la stessa faccia, da schiaffi, mentre il fotografo lo rimbrotta senza pietà: ”Fai schifo” Poi la sua esilarante prestazione sessuale talmente sbrigativa ed effettuata attraverso un lenzuolo che alla domanda :“Ti è piaciuto?», di un lui appagato, che si accende una sigaretta, la meravigliosa Edwige Fenech replica «Cosa?»,  e per giungere alla spettacolare incursione di Pedretti, un irresistibile Aldo Maccione, platealmente  interessato solo a spillare soldi ai suoi assistiti, durante i funerali del nonno di Antonio. E poi ancora, l’iconica eleganza di Barbara Bouchet anche lei nei panni di se stessa E, ancora, il nostro contrariato, che, in treno, pensando ad alta voce a Cinzia, che non ricambia i suoi sentimenti ma pensa solo alla “carriera” gli dà della troia ma rivolgendosi all’unica sua compagna di viaggio, una vecchietta che lo guarda perplessa, mentre lui si scusa” non dicevo a lei” E, soprattutto, quel ritratto di famiglia di provincia, con il nonno che incoraggia  i pruriti sessuali esibendo le riviste per soli uomini e la mamma che, preoccupata dalla frequenza delle “lenzuola imbrattate”, lo mette in guardia, come si faceva una volta, sul pericolo di diventare cieco, legato a questa “abitudine” peraltro era una prerogativa abituale dei preti durante la confessione degli adolescenti, rimbrottarli in quel modo. Per arrivare al finale amaro e beffardo, di un film agrodolce, come la più nobile commedia all’italiana. Qualche giorno fa mi sono imbattuto per caso in questo vecchia pellicola del 1980, che avevo già visto parecchi lustri orsono ed è stata una piacevole riscoperta. "Sono fotogenico", è uno dei tanti bei film di Dino Risi. Cinema nel cinema, in gergo meta-cinema, con diverse pagine da antologia, davvero una pellicola carina. Da rivalutare

 

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