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Tusk

Regia di Kevin Smith vedi scheda film

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La recensione su Tusk

di cheftony
3 stelle

L'uomo è un animale selvaggio, signor Bryton. Meglio essere un tricheco!”

 

Wallace Bryton (Justin Long) è un podcaster di genere demenziale, che conduce con l'amico e collega Teddy (Haley Joel Osment) uno show chiamato Not-See Party: in pratica Wallace si sposta per gli Stati Uniti in cerca di fenomeni del web per poi narrare a Teddy dell'incontro.

Nel caso di un ragazzino canadese, del quale un video mostra come si sia amputato una gamba cimentandosi in camera con una katana, a Wallace va grama: il ragazzino, forse per l'onta, si è suicidato e il podcaster si ritrova a Winnipeg con nulla da fare e con le spese di viaggio da far rientrare.

Ma è in un negozio che, individuato un bizzarro annuncio su una bacheca, ha l'intuizione adatta al caso: intervistare l'autore, un vecchio marinaio, che purtroppo per lui risiede a ben due ore di auto di distanza, nella regione di Manitoba; raggiunto nella sua tenuta l'ex-marinaio, tale Howard Howe (Michael Parks), scopre un personaggio bislacco pieno di aneddoti, fra cui la conoscenza fatta con Ernest Hemingway e il suo sopravvivere ad un naufragio grazie ad un tricheco.

È a questo punto che Wallace sviene e, al risveglio, capisce come sia finito in una terribile trappola e tenta di invocare aiuto. La sua fidanzata Ally (Génesis Rodríguez) e Teddy si mettono sulle sue tracce, intanto, trovando in Canada uno sciroccato investigatore del Québec, un certo Guy LaPointe (Johnny Depp)…

 

Justin Long, Michael Parks

Tusk (2014): Justin Long, Michael Parks

 

Tusk” (proprio come album e canzone dei Fleetwood Mac, presente nella colonna sonora) è l'ultimo lavoro di Kevin Smith, nato proprio quando l'autore, ormai vent'anni or sono dalla commedia di culto “Clerks”, sembrava voler mollare il cinema; il fatto che “Tusk” sia tratto da una storia vera è la solita – pardon – cazzata: il progetto nasce da uno scherzo del bislacco poeta Chris Parkinson, che ha pubblicato una finta inserzione con la quale cercava un affittuario disposto ad indossare un costume da tricheco per due ore al giorno pur di non pagare l'affitto. Il podcast di Kevin Smith ha finito col parlarne, inconsapevole della burla, e col chiedere ai fan se la storiella immaginata potesse meritare di girarci su un film.

Quest'operetta, nata per caso, funziona addirittura per un buon terzo della sua durata, paradossalmente finché sembra prendersi sul serio, tenendo i ritmi bassi e ricalcando stereotipi sempre d'effetto, con regia e fotografia funzionali; poi si butta, in maniera a dir poco fallimentare, sul versante ironico e caricaturale fino a sfociare in un calco demenziale di “The human centipede” (ho visto solo il trailer e già così sento di aver perso troppo tempo). Uno stupido suicidio: “Tusk” accumula tensione, cresce, inaugura l'orrore con una scioccante amputazione e poi si trasforma in una commediola nera di contrapposizione (uomo/animale, statunitense/canadese), già subodorata dalle continue battute stantie sui peggiori luoghi comuni. Non che i giochi di parole siano tanto meglio: le assonanze fra Not-See Party e Nazi Party o quella fra Wallace e walrus (tricheco in inglese) fanno tenerezza.

Che ci crediate o meno, ad una certa (in concomitanza col tracollo del film) entra in scena un assurdo ma divertito Johnny Depp, accreditato nei titoli di coda come il suo stesso personaggio, Guy LaPointe; il divo Depp, pur avendo vissuto a lungo in Francia, sfoggia un accento del Québec un tantino inverosimile e riveste un ruolo francamente imbarazzante. Il resto del cast fa il possibile, ma l'assortimento non convince: Justin Long è, per quanto discreto, forzato e presto costretto in un costumone epiteliale da tricheco, Haley Joel Osment (sì, il prodigioso bambino de “Il sesto senso”, cresciuto decisamente in carne e alla larga dallo show business) ha un ruolo di contorno, la bellona Génesis Rodríguez sembra appiccicata lì per convenzione, così come il triangolo amoroso. Non basta un inquietante Michael Parks, invero analogo al precedente “Red State”. Ah, ci sono anche le figlie di Smith e Depp in ruoli di commesse di negozio (ricordate “Clerks”? Sì, Kevin si auto-cita).

Messaggi di qualche tipo come in “Red State”? Tutto già visto, nonché poco più che adolescenziale. Un body-horror demenziale, una frivolezza sfilacciata, fatta per il solo gusto di farla e di darla in pasto ai fan. E l'attitudine non giustifica un risultato così approssimativo.

Tusk” è il primo capitolo di una trilogia: è in arrivo lo spin-off “Yoga Hosers”, con parte dello stesso cast, col personaggio di Guy LaPointe come protagonista. Si comincia male, malissimo…

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