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Hansel & Gretel

Regia di Pil-Sung Yim vedi scheda film

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La recensione su Hansel & Gretel

di Decks
6 stelle

Cosa succede quando oriente e occidente si uniscono? In ambito filmico ciò che ne viene può essere davvero ottimo.

Yim Pil-Sung ci prova, mescolando una fiaba tedesca con visioni e stile tipicamente asiatici. Il risultato e le atmosfere che questo lungometraggio coreano possiede, è sicuramente molto vicina al tipo di effetto che i Grimm volevano indurre con le loro opere: un misto di fantastico e di orrore, che nonostante tutti i difetti, è cento volte migliore della versione statunitense, cacciatori di streghe senz'anima e profondità.

 

Niente di innovativo nella struttura dell'horror: un giovane ragazzo si ritrova sperduto nel bosco dopo un incidente, viene dunque accolto nell'abitazione di una famiglia, composta da due genitori che sorridono come squali e dei ragazzini veramente strani. Tutto procede secondo le regole fondamentali di qualsiasi film del brivido, fino a quando la struttura si complica: vengono aggiunti elementi onirici, che rendono l'intera trama più sognante e surreale; questo fa sì, che nel complesso, la pellicola sia continuamente sospesa tra favola e incubo: ambienti puerili, magie e trasformazioni. Tutto ciò assume un aspetto inquietante ai nostri occhi e a quelli del protagonista, stranieri, noi come lui, a quell'universo fantastico dove l'immaginazione diventa un'arma.

Protettiva o offensiva? Come è solito degli orientali, non ci vengono delineati con precisione bene o male: l'agire dei tre bambini è causato da un passato tormentato, che si svelerà solo alla fine tramite un interminabile spiegazione. Ha, però, dalla sua, un gusto macabro e crudele che pochi altri horror hanno avuto il coraggio di mostrare sul grande schermo.

Hansel e Gretel non è solo la fiaba che permette ai tre ragazzi di avere una rivincita verso un'atrocità. Il titolo spiega anche la duplice morale che ruota intorno a questi tre bambini, dopo aver sconfitto la "strega" cattiva: Hansel/Man-Bok ha deciso di dimostrarsi impietoso verso adulti che gli hanno tolto tutto da piccolo, diventando anch'egli disumano e malvagio, ma pur sempre proteggendo le sue sorelle; Gretel/la sorella più grande, ha accettato il proprio passato e cerca sempre di fare del bene. Saggia e matura, ma anche ingenua.

Entrambi reggono l'un l'altro, salvando i giusti, che non si meritano la furia di Man-Bok e punendo la cattiveria di fanatici assassini.

 

Se è stato possibile creare questo incubo surrealista c'è da ringraziare Ryu Seong-hie e Kim Ji-yong, rispettivamente, tecnici della scenografia e della fotografia: nella prima, abbiamo degli esterni con un bosco labirintico e fiabesco ben realizzati e lugubri al punto giusto. Ma il vero successo sta negli interni: pareti dai colori assurdi, arredata con una miriade di cianfrusaglie e peluche ovunque; nella sua stravaganza, rende bene l'idea di un luogo uscito direttamente dalla mente di un fanciullo. Suggestive ed evocative.

La fotografia è sgargiante e appariscente nei suoi saturi colori. Sembra di essere finiti in una classica favola per bimbi quando assistiamo alle mille tonalità di rosso e di azzurro: dolci, vestiti e una neve che più bianca non si può. Un'atmosfera trasognata che sembra essere uscita direttamente dal paese delle meraviglie, seducente malgrado le sue insidie.

 

L'atmosfera è accattivante dunque, ma come in tutti gli incubi e le favole non può durare troppo: passata la prima ora, non riesce più a mantenere quell'interesse iniziale, dovuto all'ennesimo tentativo di fuga e al fatto che scompaiano totalmente le tinte orrorifiche, che erano ben congegnate. Si passa ad una lunga situazione di stallo, dove il protagonista si muove da uno spazio ad un altro senza particolari sorprese o interessanti riflessioni. Tutto fino a quel lungo finale, che complica positivamente la storia, ma purtroppo è prolisso e tedioso.

Non aiutano certo a mantenere un buon ritmo sceneggiature e regia: le prime sono strapiene di clichè del genere horror nella prima ora di eventi, per poi passare, nella seconda metà, ad allegorie e metafore spicciole, più continue richieste da parte del protagonista di fuggire da quel luogo; alla lunga stanca, rendendocisi conto che il regista fosse ben più interessato nel creare immagini pittoresche e incantevoli, unite ad altre sequenze più angoscianti e sinistre. Nel finale e all'inizio si può chiudere un occhio per questa mancanza, ma per il resto no.

Il tutto sommato ad una regia ancora acerba, eccessivamente statica, che si limita a mostrare tetre mutazioni e incessanti fughe, limitandosi a rimanere in disparte e smarrendo quel ritmo ragionato necessario alla visione.

 

Nessuna pretesa per il cast, tutti alle prime armi, ma fortunatamente risultano convincenti, tranne il diacono Byun: interpreta un perfetto stereotipo del cattivo affetto dalle solite manie di grandezza; la sua cattiveria non risulta né incisiva, né ben eseguita, mentre quella misteriosa e conturbante dei ragazzini è ben più di effetto. Sono loro tre, infatti, a rubare costantemente la scena, per le loro tematiche e per l'alone arcano che li circonda.

 

Quel "e vissero felici e contenti" si fa veramente troppo attendere in un film di questo genere, che possedeva tutti i requisiti per essere un ottimo film: argomenti e temi interessanti, un clima infantilmente assillante e tanto altro. Purtroppo si perde in scene venali, dialoghi da dimenticare ed errori tecnici non indifferenti che compromettono l'intera visione.

Vero però, che la memoria dei fratelli Grimm non è stata disonorata, l'ambientazione c'è, ed il risultato, benchè sia sufficiente, supera di gran lunga quello di Tommy Wirkola.

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