In Israele il tribunale rabbinico è la sola autorità giudiziaria competente in tema di divorzio ma non può costringere un uomo a divorziare dalla moglie che ne fa richiesta. Affinché il divorzio possa definirsi completo, occorre infatti il consenso totale e assoluto del marito, a cui il destino della moglie è indissolubilmente legato. Viviane chiede il divorzio da tre anni ma il marito Elihayu ha sempre rifiutato di andare alle convocazioni del tribunale. Quando poi decide di andare, rifiuta la richiesta di Viviane e le impedisce di iniziare una nuova vita. Secondo la legge ebraica, il tribunale e l'avvocato di Viviene devono presentare un motivo valido affinché il marito accetti il divorzio. Il processo, estenuante e assurdo, crea uno spettacolo quasi kafkiano, in cui l'imputato è il solo ad avere il verdetto nelle sue mani.
Note
Shlomi e Ronit Elkabetz, quest’ultima anche attrice nei panni della protagonista, giocano con l’assurdità della situazione, tra il diritto alla felicità della donna e l’ottusità del marito che nega il divorzio. Insistono quindi sull’esasperazione dei personaggi, sulla rigidità dell’ortodossia, sulla ripetizione delle sedute, ed elaborano uno stile che trasmette l’idea di trappola e di immobilità, tra il Kammerspiel e il cinema muto, Brecht e Dreyer, primi piani, totali e particolari su mani e piedi.
Terzo film di una trilogia iniziata dieci anni fa dai registi israeliani Shlomi e Ronit Elkabetz (fratello e sorella): era stato girato nel 2004 ed era uscito (non in Italia) nel 2005 Prendre femme; così come era stato girato nel 2008 ed era uscito (non in Italia) nel 2009 Les sept jours. Questa volta è andata meglio.
Un film di due ore girato in uno stanzino....eppure non sono mai stato tanto incollato al video guardando un film del genere. Che grave perdita per il cinema mondiale.
Secondo il tribunale rabbinico, nelle cause di divorzio, la felicità della moglie dipende dalla disponibilità del marito a farsi da parte. Una condizione paradossale, fosse solo perchè, chi è imputato è anche l'unico che può determinare l'esito del verdetto. Un film al chiuso che rende bene il tema dell'ottusità religiosa e maschilista insieme.
Rappresentazione di un processo della durata di anni, in cui una donna israeliana tenta di ottenere un regolare divorzio dal marito unico arbitro per legge religiosa.Si viene a conoscenza di tradizioni che oscurano la modernità, presentate con una scrittura raffinata e intelligente,che si avvale di grandi attori e di una regia magistrale.
VIVIANE ( 2014) è un film israeliano scritto e diretto da Ronit Elkabetz e Shlomi Elkabetz, sorella e fratello, che concludono con questo una trilogia (Take a wife, 2004 e Seven Days, 2008), incentrato sulle difficoltà che la donna in Israele deve incontrare per ottenere il divorzio ancora al giorno d'oggi. Il matrimonio è solo religioso e per il diritto che lo… leggi tutto
Il film racconta la storia infinita di una richiesta di divorzio, presentata da Viviane Amsalem a un tribunale rabbinico israeliano.
Separata dal marito da tre anni, Viviane (Ronit Elkabetz), madre di famiglia e donna irreprensibile, vive ora del suo lavoro di parrucchiera, in un alloggio che condivide con la sorella. Non può più sopportare il marito Elisha…
'Viviane' Amsalem (Ronit Elkabetz) è una donna israeliana sulla cinquantina che vorrebbe divorziare dal marito, Elijah (Simon Abkarian), ma in Israele il divorzio, 'Gett', da cui il titolo originale dellopera, è concesso solo da un tribunale composto da tre rabbini e necessita del consenso del marito che, nel caso in questione, data la sua palese ottusità, proprio non ne…
Non è facile mantenere sempre alto il livello di attenzione in un film di quasi due ore girato sostanzialmente dentro una stanza. Non lo è soprattutto per me che solitamente mal digerisco le pellicole claustrofobiche in interno e basate principalmente sul dialogo ma, in questo caso, devo dire che il risultato è eccellente e la visione si è rivelata tutt’altro…
Al di là di tutte le derivazioni di tipo sessuale/sentimentale, quello dell'atto mancato è il topos freudiano più rappresentato al cinema. Quell'energia inconscia che fa compiere un gesto in…
Pandette, codici e martelletti. Arringhe, requisitorie e sentenze.
Imputato alzatevi. Formuli il suo giuramento. L'udienza è tolta.
Proviamo un giro nelle aule di tutto il mondo, alla ricerca di colpevoli e…
Coloro che pensano che la giustizia in Italia sia lenta e lacunosa dovrebbero vedere questo film.
Coloro che pensano che il fanatismo sia tipico dei musulmani e quindi dei Palestinesi e che invece Israele sia un paese modernamente laico, simile ai paesi europei più avanzati, dovrebbero vedere questo film.
Coloro che stentano a comprendere i tempi lunghi della giustizia penale indiana…
Un tribunale rabbinico. Una causa civile. Una donna che cerca la sua libertà. Il dramma dura diversi anni, ma si consuma tra quattro pareti, nella stessa sala disadorna, dove si discute solo per accusare, per ribadire frasi fatte, per sommergere di parole ciò che non si vuole accettare. Viviane non è mai stata felice con il marito Elisha. Hanno formato una coppia…
Lotta tra modernità e tradizione
Il film si sviluppa attraverso una causa di divorzio in Israele. Tutto si svolge all'interno di un aula giudiziaria dove la telecamera indugia sui dettagli e sui personaggi quali, avvocati difensori, la coppia in questione, i giudici rabbinici e i testimoni, tutti ottimi attori quasi in una performance teatrale. Secondo le leggi religiose in…
Il problema della laicità del diritto, ma anche quello dello squilibrio nel rapporto tra i sessi, che ci tocca più da vicino di quanto l'ambientazione mediorientale non lasci intendere, raccontato attraverso la lotta di una moglie contro una norma del diritto israeliano che vincola la concessione del divorzio alla volontà del marito.
Si comincia con l'ossessione…
Viviane: un nome che non si dimentica, soprattutto dopo aver visto questo film. Viviane è il nome di una donna forte e coraggiosa che si oppone al marito e per questo chiede il divorzio. Purtroppo questa apparentemente semplice procedura diventa un vero inferno psicologico se abiti in Israele. Già, perchè un posto molto legato alle sue tradizioni, anche le più…
Una causa di divorzio è l’indovinato pretesto o lo spunto ideale per ingaggiare una tesa, coinvolgente, esaustiva, lacerante, perfino divertente per i paradossi che crea, indagine sull’uomo, sulle dinamiche relazionali tra gli individui, tra maschio e femmina.
Calati in un contesto socio-culturale-religioso (il mediorente) che percepiamo a grandi linee …
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Commenti (5) vedi tutti
Terzo film di una trilogia iniziata dieci anni fa dai registi israeliani Shlomi e Ronit Elkabetz (fratello e sorella): era stato girato nel 2004 ed era uscito (non in Italia) nel 2005 Prendre femme; così come era stato girato nel 2008 ed era uscito (non in Italia) nel 2009 Les sept jours. Questa volta è andata meglio.
leggi la recensione completa di laulillaUn film di due ore girato in uno stanzino....eppure non sono mai stato tanto incollato al video guardando un film del genere. Che grave perdita per il cinema mondiale.
commento di bluefalconSecondo il tribunale rabbinico, nelle cause di divorzio, la felicità della moglie dipende dalla disponibilità del marito a farsi da parte. Una condizione paradossale, fosse solo perchè, chi è imputato è anche l'unico che può determinare l'esito del verdetto. Un film al chiuso che rende bene il tema dell'ottusità religiosa e maschilista insieme.
commento di Peppe ComuneRappresentazione di un processo della durata di anni, in cui una donna israeliana tenta di ottenere un regolare divorzio dal marito unico arbitro per legge religiosa.Si viene a conoscenza di tradizioni che oscurano la modernità, presentate con una scrittura raffinata e intelligente,che si avvale di grandi attori e di una regia magistrale.
leggi la recensione completa di buferaFilm gradevole sulla libertà e sul sacrosanto diritto di ottenerla.
leggi la recensione completa di Tex61