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Gemma Bovery

Regia di Anne Fontaine vedi scheda film

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giancarlo visitilli

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La recensione su Gemma Bovery

di giancarlo visitilli
8 stelle

Accettare che la banalità della vita, non è poi così banale, come si può pensare, è una gran bella scoperta. L’intelligenza sopraffina, quella che passa fra immagini e scrittura, caratterizza questo interessantissimo film di Anne Fontaine.

Il pretesto è ben presto identificabile. Non così facilmente la storia, che vede come protagonista Martin, un bohémien parigino riciclatosi, più o meno volontariamente, come panettiere in un paesino della Normandia. Delle sue ambizioni di gioventù gli rimane una fervida immaginazione e una passione, mai sopita, per la grande letteratura, in particolare per le opere di Gustave Flaubert. Tale passione sarà risvegliata anche a causa di una coppia di inglesi, dai nomi curiosamente familiari, che si trasferisce nelle vicinanze della casa di Martin. I nuovi arrivati si chiamano Gemma e Charles Bovery, e persino i loro comportamenti sembrano imitare gli eroi del romanzo di Flaubert. Martin si prodiga, affinché il destino della coppia non segua la stessa trama, ma la bella Gemma Bovery non ha letto i classici della letteratura… Non sa.

A giusta ragione, “Le Monde” ha definito il film “Malizioso e di un’ironia contagiosa”. Anne Fontaine è una grande direttrice di attori, innanzitutto. A un anno dal bel Two Mothers, il ritratto incrociato di due mamme e di un’amicizia esclusiva, la regista prosegue la sua indagine sull’amore come desiderio, passione, attrazione, adattando la graphic novel omonima di Posy Simmonds.

Martin, interpretato straordinariamente da Fabrice Luchini, ieri Molière (Molière in bicicletta), oggi Flaubert, è credibile nel suo essere innamorato dell’amore. E’ lui, che cerca, ossessivamente, di dare anima, corpo, massa e fragranza, proiettando il proprio fantasma letterario nell’apparizione di Gemma (la bella e bravissima Gemma Arterton), che nella sua immaginazione e realtà è donna-angelo, ma anche femme-fatale.

Pur ammiccando continuamente al romanzo di Flaubert, la commedia di Anne Fontaine non è un adattamento del famoso romanzo francese. Piuttosto, si tratta di un’opera che ha tanto della commedia francese, impastata di umorismo inglese. Non mancano momenti che, rivissuti rispetto all’oggi, impressionano: “L’equilibrio e la tranquillità sono finiti a Parigi”, con tanto di sguardo in camera di Luchini, rimette in moto l’ansia e il desiderio di tranquillità e pace, uniche esigenze che accomunano tutti i personaggi del film e della storia di oggi, a Parigi, come a Roma o New York. Fra chi è alla ricerca di luoghi in cui stanziare, altri che vorrebbero abitare stanze e case popolate da ben altri fantasmi e non solo, la storia messa in scena da Fontaine presenta tutto il bestiario d’amore, fra uomini e animali, mai così tanto vicini e accomunati dall’inseguire l’amore. Gemma avrà la funzione e il privilegio di attirare tutti a sé, ma senza approfittarsene, perché di ognuno prenderà il modo di contraccambiare la passione e il desiderio, giungendo a considerare finanche la possibilità di cibarsi dell’amore, quello puro, come lo può essere il pane, impastato con docilità e una lievitazione che dona al prodotto, poi, fragranza e profumo. Perché in Gemma Bovery si ha la sensazione di avvertirli gli odori, di toccare con mano quella crosta dura che impedisce di toccare appieno la sofficità di un sentimento così apparentemente semplice e banale, da rendere davvero interessante, in realtà, la vita di uomini e donne, anche se di passaggio dai luoghi e dalle case che ognuno continuamente sfitta a proprio piacimento.  

Il film di Fontaine diverte, emoziona e riesce a dosare una serie di generi, non solo cinematografici, capaci di rendere appieno l’ironica presenza degli inglesi che comprano casa in Normandia, scegliendo, però, un arredamento metà giapponese, metà Versace, senza rinunciare ad un giusto e sorprendente apprezzamento nei confronti di una Francia colta, sicuramente un po’ altezzosa, ma capace di quell’estetismo che le appartiene, in cui la vita e l’arte possono confondersi e originare la bellezza di un sogno che necessita, ad ogni età, di quell’unico romanzo degno di essere scritto e vissuto, che chiamiamo amore.

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