Regia di Pupi Avati vedi scheda film
Non si può che pensare ad un Avati dotato di mezzi finanziari più limitati del solito e dunque poco attento nel curare questo suo ultimo prodotto, e magari penalizzato da tempi rigorosamente contingentati. Non vedo altre spiegazioni di fronte ad un'opera così scarsa e comunque probabilmente il peggior film mai realizzato dal regista bolognese. Cominciamo da una sceneggiatura a dir poco bislacca, che vorrebbe mettere al centro della vicenda i ricordi seminati da un defunto scrittore di cinema legato ai film di genere degli anni 70, in particolare i cosiddetti "Pierini". Costui, prima deprecato dalla critica, viene rivalutato post mortem ma secondo criteri discutibili che il film ci comunica. Protagonista del film è il figlio che dopo aver vissuto col padre un rapporto di forte conflittualità, ora è ossessionato dalla ricostruzione della personalità del genitore. Tutto questo attraverso snodi narrativi spesso totalmente assurdi, frutto di una sceneggiatura a tratti piuttosto stramba. Insomma si fa fatica a trovare qualche (rara) traccia del consueto Avati. Avete presente quelle eleganti colonne sonore profumate di gusto classico curate dal Maestro Riz Ortolani? Beh, dimenticàtele pure, perchè stavolta il commento sonoro (affidato all'astro nascente Raphael Gualazzi) è poco più che mediocre. Nel film sono presenti momenti che paiono assurdi, in particolare quando il protagonista in un paio di occasioni va fuori di testa si assiste a scene prossime al disgustoso. Per non parlare poi della rappresentazione finale della follia, raccontata attraverso criteri quanto meno discutibili. Gli attori. Ecco, diciamo che la sola cosa che salverei del film è l'impegno profuso (tangibile) da Scamarcio e da Cristiana Capotondi (lui bravissimo e lei graziosa come non mai) per quanto penalizzati entrambi da due ruoli che definire vaghi è un eufemismo. Quanto poi alla star americana....diciamo che Sharon Stone è -certo- ancora bellissima, ma qua non sa proprio che pesci pigliare (tanto è vero che non fa altro che sorridere, anche nei momenti in cui il copione richiederebbe altro). E d'altra parte se non fosse una diva in chiaro declino dubito avrebbe accettato una proposta modesta come quella di Avati, questo è ovvio. In definitiva un prodotto insufficiente. Ma da un Maestro come Avati mi aspetto qualcosa di assai meglio e confido che potremo presto ritrovare il cineasta di cui qui non resta che qualche ombra svogliata.
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