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Le regole del caos

Regia di Alan Rickman vedi scheda film

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Karl78

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La recensione su Le regole del caos

di Karl78
5 stelle

Secondo e purtroppo ultimo film del compianto Alan Rickman. Purtroppo non perché fosse chissà quale regista (come attore mi è sempre piaciuto), mestiere del resto al quale non si è dedicato granché, ma naturalmente per la prematura scomparsa. Soggetto interessante anche se perde un po' di fascino trattandosi di fiction, non solo di personaggio - quello interpretato da Kate Winslet - e storia inventata ma neppure troppo verosimile - in certi frangenti di certo volutamente, vedi ad esempio l'incontro tra Sabine e il Re Sole - nonostante l'ambientazione storica. A ciò si aggiunge un andamento altalenante, fatto di alti e bassi e di momenti più brillanti ai quali seguono forse troppi momenti di stanca. Kate Winslet comunque se la cava bene e si prova un certo gusto nel vedere Rickman e Stanley Tucci à la page, anche se certamente si gode molto meno di quanto abbiano goduto loro nell'imparruccarsi. Il tutto però non basta, come non bastano le belle location e i costumi, a raggiungere la piena sufficienza, che al massimo può essere stiracchiata - per i miei gusti, si intende. Diciamo un 5/6.

 

Siccome la questione mi è stata portata all'attenzione da ultimo proprio a proposito di questo film, volevo spendere due parole per un paio di considerazioni più generali sui cosiddetti film "storici". In inglese spesso li si chiama historical period drama in modo molto più calzante, a mio avviso. Film "storico" trae in inganno, ché il film realmente "storico" di fatto non esiste o quasi, non essendo - e non volendo né potendo essere - né un documentario né una lezione accademica né una ricerca scientifica. Mi è stato fatto notare che il personaggio di Le Nôtre ha poco a che fare con quello realmente esistito, così come la creazione del Bosquet des Rocailles (se siete stati a Versailles lo ricordate sicuramente) niente o quasi ha a che fare con quanto narrato nel film, oltre ad altri "errori" anagrafici o "licenze drammatiche", esigenze di copione o relative agli interpreti scelti. Queste cose hanno dato molto fastidio, e parlo non di storici di professione, ché questi ultimi sono più abituati all'idea che il film "storico" sia solo un'illusione.

 

Sì, siamo tutti d'accordo, ma se posso, da "addetto ai lavori", chi si illude di imparare la storia dal cinema - che non sia la storia del cinema, o anche un pezzo di storia della società e della cultura tout court ma considerando la pellicola come una fonte che ci dice qualcosa sul contesto che l'ha prodotta, non sul periodo storico trattato nel film... - ha sbagliato totalmente strada e certe critiche mancano totalmente il bersaglio. Spesso è fuori luogo anche solo parlare di "errori". Emblematico è il caso del Gladiatore. Si è discusso su quanto certe ricostruzioni fossero accurate o meno e su come siano stati possibili certi "errori" sotto la direzione di un maestro come Ridley Scott e nonostante la consultazione di fior fior di colleghi. Per quanto ne so e ho letto in giro, Scott ha dichiarato più volte di fregarsene dell'accuratezza storica, almeno in senso generale (ad esempio non farsi problemi a cambiare particolari della vita di personaggi realmente esistiti per esigenze drammatiche e di copione: ma chi può biasimarlo?) e questo nonostante certi contesti e ambienti, non sole nel Gladiatore (basti pensare ai Duellanti ma per certi versi anche a Robin Hood), abbia cercato di riprodurli in modo accurato e realistico, molto più di quanto abbiano fatto altri. E che nel complesso se ne freghi lo si vede un po' in tutte le sue opere ambientate nel passato (che, Gladiatore e naturalmente I duellanti a parte, secondo me segnano tra i punti più bassi della sua carriera, ma non certo per questo motivo e nonostante le lodevoli intenzioni di Kingdom of Heaven), da 1492 a Robin Hood passando per Kingdom of Heaven. Ma Sir Scott fa tanto bene a fregarsene, così come fanno bene a fregarsene gli altri, registi o sceneggiatori che siano. Non fa lo storico, non fa l'archeologo, non fa il docente, non fa il ricercatore e non è in accademia né a scuola. Fa il suo mestiere. I problemi semmai dovrebbero sorgere laddove uno dichiarasse l'intento di voler "fare storia", nel qual caso immagino che il malcapitato si troverebbe, molto più che nel caso opposto, sotto il fuoco incrociato di schiere di colleghi imbufaliti e inondato di feroci e documentate critiche, come solo un pedante accademico, ricercatore o professore sa fare.

 

Tornando al Gladiatore, qualcuno - anche tra gli storici - si è chiesto, per esempio, se fosse necessario e indispensabile far morire Marco Aurelio in poco tempo senza rispettare gli 8 giorni delle fonti e per di più per mano del figlio Commodo piuttosto che al termine di una malattia, qualcun altro - non storici - mi ha invece a tal proposito parlato di "errori" o almeno di "incongruenze". Bah, sarà anche una domanda legittima, ma sì, per esigenze drammatiche mi pare una scelta piuttosto necessaria o comunque ampiamente comprensibile. E no, non è un errore e nemmeno tanto una incongruenza, è una scelta di fiction. Mi sono trovato a criticare più volte sceneggiatori e registi per la sciatteria e il modo disinvolto e disinformato con il quale pretendono di trattare certi temi, questioni e problemi, ma non vogliamo mica sostenere in questo caso che Scott e gli sceneggiatori sono così sprovveduti e capre da non sapere come sono realmente andate le cose? Suvvia... D'altro canto è un film al termine del quale Massimo uccide l'imperatore Commodo in un duello e si respira anche aria di ritorno alla Repubblica. Pure i sassi sanno che la storia non è andata affatto in questo modo, lo sapevano gli sceneggiatori del Gladiatore e lo sa Ridley Scott, non si può certo parlare di errore...

 

Insomma, in linea generale, si critichino pure questo od altri film, Rickman o Scott, perché non ha convinto il loro lavoro, la regia, la direzione degli interpreti, il plot, il montaggio, la fotografia, la colonna sonora e tutte le belle cose che sappiamo, ma criticare le loro opere come se fossero ricerche storiografiche o archeologiche, opere divulgative, didattiche o documentari, dal mio punto di vista ha ben poco senso, o proprio nessuno - a patto naturalmente che si tratti di scelte consapevoli e non di totale ignoranza. Il problema non è che la storia venga usata come set cinematografico per drammi, biografie romanzate, film d'avventura o film effettivamente un poco più "storici". Il problema è che si scambino tali opere per verità storica. Braveheart resta un gran bel film anche se ha ben poco a che fare con la realtà storicamente accertata ed è più finzione che altro, e forse proprio in conseguenza di ciò. Sceneggiatori e registi possono, debbono usare la storia in questo modo. Non possono e non debbono invece farlo giornalisti, divulgatori, politici, che al supermarket della storia si servono quotidianamente prendendo quel che serve a loro uso e consumo immediato (ovvero propaganda) e tralasciando il resto, che peraltro nemmeno conoscono.

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