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Le meraviglie

Regia di Alice Rohrwacher vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Le meraviglie

di laulilla
6 stelle

Ancora un’indagine di Alice Rohrwacher sui turbamenti dell’adolescenza condotta all’interno di un nucleo familiare che vive nell’isolamento tenacemente voluto dal padre, quasi un patriarca a cui tutta la famiglia si assoggetta. Migliore regia a Cannes nel 2014

 

E’ tedesco e si chiama Wolfgang (Sam Louwyck), padre-padrone, acculturato e animato dalla profonda volontà – che è anche una scelta ideologica – di isolarsi nella bellezza della natura un po’ selvaggia e di isolarvi i suoi famigliari.

Egli ha messo in piedi, a questo scopo, in una cascina vicino al Trasimeno, una comunità agricola che dovrebbe diventare autosufficiente,scambiando i prodotti dell’apicultura e dell’allevamento di ovini, cui si dedica tutta la famiglia, con altri prodotti.
Ci sono quattro figliolette, in questa piccola comunità familiare, ma la sola Gelsomina (Maria Alexandra Lungu) è abbastanza grande per lavorare e seguirlo nel lavoro delle api, nel controllo e nella pulizia delle arnie; le sorelline, anche se più piccole, aiutano, tuttavia, dopo la smielatura, come possono e come sanno, raccogliendo il miele e badando bene di non farlo uscire dal secchio, perché questo padre è anche molto severo e non tollera il minimo spreco. 

La madre  Angelica (Alba Rohrwacher) ha un ruolo marginale nella gestione economica della piccola azienda, perché tutte le scelte, anche le più strampalate, spettano a Wolfgang; svolge, tuttavia, una funzione preziosa per le figlie, che teneramente ama, poiché in qualche misura le protegge dagli scoppi d’ira di Wolfgang.

 

La famigliola, purtroppo, non vive nel migliore dei mondi possibili, perciò la realtà del mondo esterno che il padre avrebbe voluto ignorare e comprimere si insinua nel gruppo familiare senza troppi complimenti: i cacciatori invadono con i loro spari la quiete e il silenzio del luogo; i pesticidi, usati dagli agricoltori non lontani, avvelenano i fiori e le api che ne succhiano il nettare; gli adeguamenti igienici ormai vengono richiesti, a tutela della salute pubblica a tutti quelli che vendono prodotti alimentari; il turismo di massa, invadente e vorace, cerca luoghi nuovi che fagociterà e distruggerà.

La televisione, con i suoi concorsi a premi, diventa l’apri-pista di migliaia di turisti in cerca del nuovo, del genuino, del prodotto tipico, e anche di qualche stanza in un posto “rustico”, ma pieno di comfort, da utilizzare magari solo per un weekend. Non per nulla il vicino, quello dei pesticidi, al passo con i tempi, si dedicherà all’agriturismo!

 

Eppure quella TV, volgare e demonizzata dal padre, a Gelsomina piace, perché porta un po’ di novità nella vecchia cascina e anche perché, come ogni adolescente, anche lei vorrebbe crearsi una vita non modellata sull’esempio familiare; perché, inoltre, vi scorge un simulacro di quella libertà di cui sente l’urgenza per allontanarsi dal mondo dell’infanzia e per progettare il proprio futuro, poiché, anche se continuaa fare il suo “dovere”, aiutando il padre, la vita che fa non le piace più.

 

 

Nella descrizione delle inquietudini di Gelsomina, troviamo le cose migliori del film: la regista è, infatti, davvero brava nel rappresentare le emozioni più delicate, i conflitti non detti, e spesso indicibili in quanto non solo generazionali: sono conflitti fra ciò che si è e ciò che si vorrebbe essere, non sapendo bene, però, che cosa si vorrebbe essere davvero. Gelsomina ci appare perciò “sorella” di Marta, la protagonista del precedente “Corpo celeste”, nonché di tutti noi che da adolescenti ci siamo sentiti lacerare dalle inquiete contraddizioni di un’età difficile, in cui l’amore per la famiglia è ancora forte, ma l’esigenza di emancipazione comincia a farsi sentire, anche violentemente, creando sensi di colpa e molta sofferenza.
L’isola del Trasimeno – lontana, ma raggiungibile – diventa allora per la giovinetta l’emblema di uno spazio privato, tutto da conquistare e da vivere in piena libertà, senza padri, senza madri e anche senza le pesanti responsabilità che Wolfgang il padre le aveva affidato, contando un po’ troppo sulla propria autorità e sulla sua timida remissività.

 

Altri personaggi sono presenti nella storia: Martin, il giovanissimo in affidamento alla famiglia, a sua volta isolato per un probabile e autistico mutismo elettivo, che tuttavia comunica con le api… attraverso la sua sopraffina capacità di fischiare e anche Cocò, la giovane che insieme ad Angelica si occupa di ovini.

La regista riesce a tener viva l’attenzione sulle vicende di Gelsomina, ma il film non è privo di difetti, fra i quali pesa principalmente, l’assenza di spiegazioni plausibili, sia a proposito del comportamento di quel padre, autoritario e bizzarro che, con la sua sciagurata propensione a imporsi anche quando, con le sue spese pazze – come l’acquisto di un cammello! – accelera la rovina economica della sua piccola comunità, sia dell'arrivo di Martin, personaggio di cui, come di Coco, non si comprende la funzione narrativa.



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