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Jersey Boys

Regia di Clint Eastwood vedi scheda film

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La recensione su Jersey Boys

di nonsonouncritico
8 stelle

Clint Eastwood, probabilmente l’ultimo grande regista classico che sia rimasto al cinema americano, raramente ci ha propinato opere malriuscite: questo perché ha sempre saputo scegliersi le sceneggiature, ma anche perché è certamente dotato di un talento registico non indifferente, che lo ha reso facilmente distinguibile. Adottando da sempre una regia asciutta, poco (se non per niente) incline a virtuosismi di ogni sorta, Eastwood è cresciuto con gli anni, dimostrando di avere capacità eccezionali nell’emozionare anche con la più banale delle idee, anche con contenuti che in mano a qualsiasi altro regista scadrebbero facilmente nella retorica.

 

Dirigendo con mano sicura e con la stoffa che manca a molti suoi giovani colleghi, Clint sforna almeno un film ogni due anni, affidandosi sempre come già detto a sceneggiature di buon livello e ad attori eccelsi, dai quali riesce a tirare fuori il meglio con facilità. Non sempre i risultati sono eccezionali: da Mystic River a Gran Torino lo abbiamo visto in uno straordinario stato di grazia, con sei film un film più bello dell’altro, ma prima e dopo non è riuscito a stupire sempre con tale costanza. Ma se è per questo, non è quasi mai riuscito a confezionare un film brutto. Verrebbe in mente giusto Debito di sangue, ma questo più che brutto è semplicemente un film non all’altezza del suo talento.

 

Dopo Gran Torino non ha più raggiunto certe vette poetiche, benché Invictus, Herafter e J. Edgar fossero senz’altro film più che buoni, confezionati con la solita maestria. Dopo tre anni di pausa, Clint decide di mettere le mani su un progetto piuttosto anomalo rispetto alle sue produzioni più recenti, dunque accattivante fin dalle premesse: un biopic musicale, il primo dopo Bird del 1988.

 

Film accolto piuttosto freddamente da pubblico e critica, Jersey Boys è  in realtà un prodotto di pregio, a mio parere il miglior Eastwood post-Gran Torino.

Ritratto di quel fantastico complesso musicale che erano i Four Seasons di Frankie Valli, il film si avvale di un buon ritmo, di un cast ottimo benché composto da volti per lo più sconosciuti (se si esclude Christopher Walken), e di una meravigliosa fotografia, ad opera dell’abituale collaboratore Tom Stern.

 

Musicalmente si viaggia su livelli decisamente alti: i membri del cast se la cavano piuttosto bene con il canto (il protagonista è preso direttamente dal musical di Broadway), mentre la bellissima colonna sonora è prodotta dallo stesso Bob Gaudio che fu arrangiatore e membro storico dei Four Seasons (e al quale è  infatti riservato un ruolo di fondamentale importanza nel film).

Nel ri-arrangiare i suoi vecchi successi, Gaudio dimostra una grande “vivacità”: non si limita a riprodurli in maniera blanda e artificiosa, e anche se non può contare su cantanti parimenti talentuosi realizza arrangiamenti di pregevolissima fattura.

 

La sceneggiatura di Rick Elice e Marshall Brickman (quest’ultimo in passato co-autore di diversi film di Woody Allen) è buona anche se non eccezionale, nonostante alcuni momenti gustosi e qualche arguto scambio di battute, ma la forza del film sta nell’atmosfera: un’atmosfera malinconica, avvolgente, innegabilmente efficace.  Alcuni passaggi sono trattati forse in maniera troppo approssimativa, ma nel complesso si rimane soddisfatti.

 

Complici le musiche, Jersey Boys si rivela emozionante e piacevole, sicuramente non esente da difetti, ma comunque un bellissimo film. Sottovalutato.

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