Regia di Max Ophüls vedi scheda film
Se la recitazione melodrammatica, teatrale, enfatica e datata compromette in parte il film, la virtuosa mano di Ophüls guidando la cinepresa in maniera sinuosa, avvolgente, sfruttando appieno gli spazi e catturando oggetti e persone in piccoli graziosi riquadri, regala allo spettatore uno spettacolo di barocca eleganza in grado di saziare i palati più fini. Senza dubbio, la forma nel suo aspetto migliore. Il lungo, visionario flashback contiene anche alcune chicche espressioniste come le caratteristiche ed imprescindibili ombre nella drammatica sequenza notturna con protagonista la disperata moglie invalida dell'industriale. La tragicità di fondo che accompagna lo svolgersi degli eventi, o meglio, il susseguirsi dei ricordi, istilla nella storia quella necessaria goccia d'asprezza per vanificare non solo quanto di vanesio esiste in un certo ambiente, ma anche quanto di stucchevole ci somministrano in alcuni istanti le pronunciate gestualità degli attori. Sarò troppo crudele forse, in fondo il muto è appena dietro l'angolo, e ne sopravvaluterò la portata, ma a tratti certi atteggiamenti mi hanno irritato. Considerato il pregio dell'opera, una pecca vistosa.
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