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Mommy

Regia di Xavier Dolan vedi scheda film

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La recensione su Mommy

di lorebalda
4 stelle

 

Tutto già visto

Sopravvalutatissimo film accolto dalla critica di mezzo mondo alla stregua di un capolavoro e vincitore di un premio a Cannes ex aequo con Godard (che giustamente si sarà risentito), Mommy è un'opera zoppicante e irritante, superficiale e ruffiana.

I problemi investono il film a tutti i livelli: la scrittura è imbevuta di retorica e sentimentalismo sopra le righe; il montaggio subisce le improvvise accelerazioni tipiche del mondo dei videoclip ma non sviluppa nessun discorso estetico; le immagini non seguono né approfondiscono nessun registro espressivo. Mi vengono i brividi quando leggo che Dolan parlerebbe allo spettatore con il «linguaggio del cinema». Non solo perché il risultato complessivo del film è negativo, ma perché Mommy è indigeribile, volutamente disorganico, già visto e sopra le righe, tutto strizzate d'occhio, trovate visive di disarmante faciloneria e alleggerimenti comici imbarazzanti (le chiavi ingombranti). È un cinema tutto di superficie, quello di Mommy, con pochissima sostanza, che si ferma alla “firma”.
Peccato, perché il giovanissimo Dolan ha un paio di idee interessanti: stringe l'immagine in un formato 1:1 inconsueto, per concentrare l'attenzione dello spettatore sui personaggi, e per significare visivamente lo stato di costrizione e incomunicabilità di Diane, suo figlio Steve e la vicina di casa Kyle, monadi di un mondo ostile (e lo spettatore, una volta che ha superato la melassa, riesce ad avvertire un'angoscia e una tensione sincere); lavora sui colori e sulla musica, perché sono i colori e la musica a legare le singole immagini, e dunque i protagonisti. Quest'idea di cinema, sicuramente interessante e con un suo perché, poteva essere sviluppata ulteriormente, lavorando sugli scarti di tono, sulle sfumature; oppure tenendo tutto al diapason, evitando però la retorica. Dolan lavora su entrambe le piste, cercando di stupire lo spettatore ad ogni stacco, ad ogni scena, con generosità ma anche una bella dose di confusione e ripetitività.


Certo, non tutto è da buttare. Dolan, anche in un film come questo, evidentemente sbagliato, riesce a regalarci un paio di (brevissime) sequenze di grande intensità: ma questi momenti non giustificano né salvano un film di due ore e venti minuti, confuso e disordinato, con tanta musica e tanti colori ma pochissimo (sì, pochissimo) cinema. Basterebbe una sequenza, per capire tutti i limiti (e i pochi pregi) di Mommy: la madre protagonista si immagina il futuro del figlio; Dolan pigia sfacciatamente sul pedale dell'emozione, abusando di tecniche da videoclip, come un montaggio frenetico e musica pop, trucchi focali e filtri. La sequenza è oltremodo irritante per la banalità stucchevole dell'immaginario, eppure tocca miracolosamente le corde dell'emozione, con sincero e inaspettato lirismo. Deludono invece il montaggio frenetico e soprattutto il gioco con i formati, quest'ultimo un altro elemento che sulla carta poteva essere il punto forte dell'intera operazione, ma che sullo schermo dimostra senza se e senza ma tutta la debolezza del “pensiero” cinematografico dolaniano.

Corrivo e compiacente, Mommy è un film debolissimo e retorico, un racconto di formazione zuccheroso che dispensa generosamente buoni sentimenti e speranza, un film tanto più irritante se lo si confronta con l'opera d'esordio di Dolan, il sopravvalutato ma non disprezzabile J'ai tué ma mère. Dolan ama i suoi personaggi, ce lo ripete didascalicamente per due ore e venti minuti, dirige gli attori con mano sapiente (nonostante sia stato mal servito dallo script, il terzetto dei protagonisti è memorabile), il problema è che gli mancano tutti gli strumenti per raccontarne la verità. Sempre che non si vogliano scambiare il sentimentalismo d'accatto e l'inerte esibizionismo formale di Mommy – una forma mai inventiva, mai interessante, desolatamente già vista – per «cinema intenso, nuovo», «vita», «puro godimento» (così hanno scritto i critici dei quotidiani e di riviste specializzate online come Cineforum).



Però – sì, c'è un “però”, alla fine di questa stroncatura –, a favore di Dolan, voglio ricordare che tutti i film operano su ciascun spettatore in maniera differente, soprattutto se questi sono scritti e girati “col cuore”, come Mommy. In sala, molti ridevano a crepapelle, e i commenti all'uscita erano entusiastici. Qui, su FilmTv, sono pronto a scommettere che il film troverà il suo corposo gruppo di ammiratori. In tanti, credo, troveranno addirittura geniale la sequenza in cui il giovane protagonista allarga lo schermo, passando dal formato 1:1 al 1,85:1. Qualcuno scriverà che Dolan con Mommy ha realizzato qualcosa di «nuovo», di «mai visto»; qualcun altro scriverà che Cannes ha consacrato un «nuovo maestro».
Forse cambierò idea, ma a me sembra che il 25enne Xavier Dolan non inventi proprio nulla, e che ogni scelta dietro la realizzazione di Mommy, anche la più sincera, finisca stritolata dal mood modaiolo imposto dal giovanissimo autore canadese al proprio cinema e al proprio immaginario.

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