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Turner

Regia di Mike Leigh vedi scheda film

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La recensione su Turner

di EightAndHalf
9 stelle

Timothy Spall

Turner (2014): Timothy Spall

 

Il disinteresse dello sguardo, quello di Mike Leigh e quello di William Turner in egual guisa, entrambi colti dal fluire degli elementi, chi in un modo, chi in un altro. Il Cinema è ancora molto indietro rispetto alla Pittura: se anche il primo ha offerto tante suggestioni quante ne ha offerte la seconda, queste stesse suggestioni non sono ancora entrate nel modo quotidiano di intendere la Settima Arte. La Pittura, così come il Cinema, era quasi un intrattenimento (intellettuale, certo, ma talvolta un intellettuale divertissement), con cui soprattutto chi aveva soldi da spendere si sollazzava, e chi non poteva permettersi quadri tanto costosi come quelli di Joseph William Turner era comunque a conoscenza degli stessi, e considerava il loro valore aspetto trascurabile o anche profondamente snob. Il Cinema è oggi soprattutto, nella sua forma più popolare e diffusa, intrattenimento, ma in pochi resterebbero estasiati dallo sguardo ad un tramonto ripreso così come a un tramonto dipinto, e non è solo questione di tempo, perché un quadro prescinde la temporalità nella sua magnificienza alla stessa maniera in cui potrebbe una splendida immagine cinematografica; è piuttosto questione di abitudine, ancor più che di sensibilità, per spogliare ciò che si guarda della sua utilità e fare propria la sensazione ancor prima che i contenuti. 

 

Timothy Spall

Turner (2014): Timothy Spall

 

Turner di Mike Leigh è questo, un approccio cronologico ma asistematico alla vita del grande pittore inglese, privo delle derive edificanti di deprecabili biopic contemporanei, e il nome di chi firma la regia è una riconferma di come gli autori riescano a smentire gli andazzi e le mode, i quali vorrebbero il genere biografico ormai stantìo e fermo a stilemi sempre uguali. Turner, insieme al Giovane favoloso di Mario Martone, dello stesso anno, ridànno dignità alla vita dei grandi del passato, con una sotterranea celebrazione degli stessi certo inevitabile ma mai di fondamentale importanza. In entrambi i casi infatti assistiamo a una serie di eventi che sì, com'è ovvio, perseguono dei fils rouges coerenti e comprensibili, ma ne fanno materia malleabile per discorsi di ben più alto spessore della semplice "rassegna di eventi". La mimesi dell'arte di Leopardi nel film di Martone e di quella di Turner nel film di Leigh è infatti uno degli aspetti principali, e il fascino magnetico e "a se stante" di certe sequenze di questi film confermano proprio quel disinteresse sopracitato che fa delle due pellicole piccole grandi gemme del cinema contemporaneo. Memori di come in medio stat virtus i due registi in questione non estremizzano il concetto di immagine spogliata di senso morale o di allegria/tristezza che dir si voglia, dovendosi comunque attenere a materiale storico-biografico necessario, ma fanno un compromesso con l'approccio classicistico-narrativo dei film "normali" per sconvolgere i ritmi cinematografici, per farne vibrare considerevolmente le parti, con la magniloquenza di chi sa di soppiatto inserire elementi di discontinuità evidenti solo a chi vuol vedere: Turner, come Il giovane favoloso, è un capolavoro di originalità, nonostante possiamo già essere a conoscenza di ciò che stiamo vedendo.

 

Timothy Spall

Turner (2014): Timothy Spall

 

Lo stile sopraffino di Leigh, che con carrellate sornione e primi piani evocativi ci illustra le pulsioni artistiche di un uomo "genio-normale", dal grugnito animalesco continuo, avvolge in un'atmosfera di quieta contemplazione, realizzando il miracolo di impregnare il suo vastissimo film di un senso altro da quello che le tantissime parole pronunciate sembrano proferire. Con piccoli rimandi estetici alla pittura di Turner e con squarci lirici di "meta-arte" in cui tutt'ad un tratto un'immagine vera è in realtà un dipinto e tratti di acquerello diventano scaglie rocciose di un "reale" aspero monte, Turner restituisce lo spettatore al piacere dell'immagine (le splendide carrellate di fronte alla valorosa Téméraire, l'incipit fulminante, la delicatissima dissolvenza finale), allegerendola e "semplificandola" solo apparentemente con una storia da raccontare. Mentre lo spettatore viziato da immagini di ben altra (bassa) risma bofonchia sospiri di noia, chi guarda trova nel film di Mike Leigh piccoli frammenti di poesia, situazioni ironiche (l'imbattibile umorismo british) e/o drammatiche, divagazioni musicali su cui la regia si sofferma più di quanto sarebbe prevedibile, ridenti siparietti di umanità borghese da cui Turner si distanzia senza negare il dialogo (ma dando alla sua arte un valore estremamente innovativo quanto allora incompreso) e, infine, parentesi apparentemente incoerenti sui piccoli eventi dell'esistenza, dalla visita di un'amica ai dubbi di fronte a un quadro, dagli svariati viaggi alla ricerca di soggetti naturalistici fino al frequente soffermarsi di fronte al Sole (levante o ponente che sia). Con questo calderone di variabilità, Leigh smonta e rimonta la vita di Turner e la trasforma nell'occhio artistico del pittore, fin quando il film non ci cattura in profondità e ci trasporta in luoghi già visti ma instancabilmente affascinanti.

 

Timothy Spall

Turner (2014): Timothy Spall

 

Turner finisce dunque per prescindere il genere e aspirare al titolo di capolavoro. Contemplativo più che narrativo, illustrativo ma non barbosamente calligrafico, un film di imprescindibile finezza in cui è facile affogare, senza la sensazione della lezioncina morale data in pasto allo spettatore ma con l'altissima soddisfazione di aver visto, finalmente, un film disinteressato

 

locandina

Turner (2014): locandina

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