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The Judge

Regia di David Dobkin vedi scheda film

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La recensione su The Judge

di Eric Draven
6 stelle

Robert Duvall

The Judge (2014): Robert Duvall

 

Ebbene, oggi recensiamo un film piuttosto recente, cioè del 2014, The Judge di David Dobkin.

Un regista a tutt’oggi misterioso, una sorta di UFO. Visto che è non è categorizzabile. Non possiamo certamente affermare di trovarci di fronte a un autore ma nemmeno siamo al cospetto di un cineasta trascurabile.

Il suo excursus filmografico, sino ad ora, è stato quantomeno altalenante e diversificato. Dopo essersi messo in luce con l’interessantissima commedia criminosa Il sapore del sangue con Joaquin Phoenix, ecco che se n’è saltato fuori col seguito di Pallottole cinesi interpretato dal variopinto, oserei dire multietnico duo formato dal mitico Jackie Chan e dal simpaticone Owen Wilson, 2 cavalieri a Londra.

Dunque è stato il turno di un’altra comedy purissima, abbastanza amata dalla Critica statunitense, 2 single a nozze - Wedding Crashers, ancora con Owen Wilson affiancato da Vince Vaughn.

Vince Vaughn che poi è stato il protagonista nuovamente per Dobkin di Fred Claus - Un fratello sotto l’albero.

Il punto più basso però Dobkin l’ha toccato col totalmente fallimentare Cambio vita con Ryan Reynolds, Olivia Wilde e Jason Bateman.

Perciò, nessuno poteva preventivare, visto e considerato il genere semi-demenziale delle sue ultime pellicole, che avrebbe così repentinamente cambiato registro con The Judge, legal thriller assai anomalo che, sebbene sia venato di notevoli parentesi umoristiche e di battute ficcanti al vetriolo, possiede una struttura drammaturgica di tutt’altra rilevanza rispetto, appunto, ai suoi film precedenti.

 

Questa infatti è la trama:

 

Henry “Hank” Palmer (un Robert Downey Jr. in palla e perfettamente in parte) è uno spregiudicato, iper-cinico avvocato senza scrupoli che non difende mai gli innocenti perché ritiene che siano persone economicamente talmente povere che non riuscirebbero mai a pagare le sue prestazioni.

Insomma, un bastardo affettato, arrogante, il quale è sposato con una modella dal fisico perfetto (lui dice col culo di una giocatrice di pallavolo), vivendo assieme alla figlia piccola in una mega-lussuosa villa piena di comfort.

Durante il momento clou di uno dei suoi processi, prima di sfoderare la sua loquace parlantina e la sua strafottente sicumera in un’arringa importante per il futuro del suo cliente, riceve una chiamata privata sul suo cellulare.

Gli comunicano che sua madre è deceduta.

Al che chiede al giudice di rinviare a data da destinarsi l’udienza, torna a casa, fa sveltamente bagagli, litiga con la moglie con la quale è in procinto di divorziarsi, dato che lei è stronza quanto lui, ripetutamente lo tradisce in quanto lui probabilmente non le è affatto da meno, saluta la figlia e in fretta e furia si dirige verso la sua città natia dell’Indiana. Per presenziare, come esige la tradizione e il rito cristiano, al funerale.

Qui, sarà obbligato giocoforza a riprendere i rapporti coi suoi due fratelli, quello minore Dale (Jeremy Strong), un semi-minorato mentale di gran cuore, e il maggiore Glen (Vincent D’Onofrio), ex campione e promessa del baseball, costretto ad aver rinunciato al suo grande sogno a causa di una grave lussazione alla mano.

Si riavvicinerà anche alla sua vecchia fiamma alla quale, per pudore, non aveva mai dichiarato il suo amore, la barista Samantha (Vera Farmiga).

Ma soprattutto si ricongiungerà con suo padre Joseph (Robert Duvall), il giudice più stimato e potente della contea. Un uomo che lui odia a morte.

Dopo aver salutato i parenti, proprio quando è sul volo di ritorno a casa, apprenderà che suo padre nel frattempo è stato accusato di omicidio colposo. Poiché ritenuto responsabile dell’uccisione di un uomo che lui stesso aveva condannato a vent’anni di galera, da poco uscito di prigione.

Un bel guaio.

La situazione si complicherà non poco. Il padre, malato di Cancro e affetto da demenza senile, dovrà vedersela con lo spietato penalista accusatore Dwight Dickham (Billy Bob Thornton).

 

Ecco, non staremo naturalmente a rivelarvi per filo e per segno tutti gli ulteriori sviluppi narrativi, anzi, a dire il vero ci siamo già addentrati fin troppo a raccontarvi quest’affascinante storia incredibile di segreti di famiglia sepolti e riesumatisi, d’atavici sensi di colpa fra genitori e figli che probabilmente non si sono mai davvero conosciuti, di confidenze scabrose e di scheletri nell’armadio che, di punto in bianco, oscuramente riemergeranno da inconfessati passati tormentosi, inquietantemente rispuntati fra le crepe emotive di una famiglia apparentemente impeccabile e di successo.

The Judge, sostenuto dalla recitazione indubbiamente un po’ caricata ma carismatica di Robert Downey Jr., trova ovviamente i suoi attimi migliori e più ispirati nei pugnaci, commoventi confronti fra il suo personaggio e quello interpretato da Robert Duvall (candidato all’Oscar come migliore attore non protagonista).

Dobkin ci stupefà, sì, tenendo alto il ritmo per circa due ore e mezza, magistralmente miscelando tutti gli ingredienti tipici del classico filmone hollywoodiano. Di contraltare però pecca pretenziosamente nell’alzare spropositatamente il tiro, narrandoci una storia seriosamente imponente ma rimanendo colpevolmente, paradossalmente faceto, furbetto, compatto, appassionante eppur patinato su fotografia deluxe di Janusz Kaminski, confezionando un prodotto godibilissimo ma chiaramente, sapidamente realizzato per piacere un po’ a tutti.

Forse in questa sua ruffianeria ricercata, nella sua smodata voglia di voler risultare toccante e profondo senza però mai scavare realmente sotto la superficie (infatti, i momenti di più forte pathos son puntualmente stemperati e smorzati, oserei dire perfino minimizzati da una robusta e, a lungo andare, disturbante componente autoironica eccessiva, talvolta programmatica, pedante e fuori luogo), The Judge parzialmente difetta di organicità e incisività.

Detto ciò, avercene di film come The Judge.

Retorico, certo, allineato però egregiamente a quel tipo di Cinema infallibile in puro stile americano che, nonostante sappia di déjà vu ed emani leggermente un già sentito retrogusto dolciastro, malgrado alcune scene telefonate, funziona comunque sempre ed emoziona.

 

Gran parte del merito della sua riuscita, oltre alla regia accorta e perspicace di Dobkin, va agli sceneggiatori Bill Dubuque e Nich Schenk, autore come sappiamo dei magnifici script di Gran Torino e de Il corriere -The Mule.

 

Robert Downey jr., Vera Farmiga

The Judge (2014): Robert Downey jr., Vera Farmiga

locandina

The Judge (2014): locandina

 

 

 

di Stefano Falotico

 

 

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