Regia di David Dobkin vedi scheda film
Solito "drammone" americano su una famiglia che dopo tanto tempo e tanta distanza deve fare i conti con gli scheletri nel proprio armadrio, senza nessuna originalità, convinzione, e capacità di trasmettere passione. Il film si apre in tribunale dove il protagonista, avvocato difensore, con la faccia e la parlata da schiaffi che mantiene monocorde per tutta la durata del film, in tutte le situazioni, chiede al giudice un rinvio per avere appena saputo al cellulare della morte della madre. Le cose vanno in modo tale che poi lui si attarda nella cittadina di famiglia, e del processo iniziale non si sa più niente. Ma c'è di peggio. Procedendo tra una banalità e l'altra, condita però di situazioni e coincidenze inveromisimili, il suo nuovo cliente, suo padre accusato di omicidio, gli chiede di tenere nascosti dei fatti personali, con motivazioni molto ragionevoli. Lui disattende i desideri del padre, spiattella tutto davanti al pubblico in tribunale, senza ottenerne peraltro alcun vantaggio. Io fossi il padre l'avrei odiato a morte. Invece nel film no. E poi... no, non ce la faccio ad andare avanti, sarebbe fonte di irritazione e di rimpianto per il tempo sprecato a guardare questo insulso filmetto.
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