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Corri ragazzo corri

Regia di Pepe Danquart vedi scheda film

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La recensione su Corri ragazzo corri

di OGM
8 stelle

Uri Orlev e Yoram Fridman. Lo scrittore e il bambino. Il primo ci ha messo la penna, il secondo la vita. Nell’inverno del 1943, un ragazzino polacco di fede ebraica ha iniziato a correre. Per più di due anni attraverserà boschi e campi, si nasconderà tra la vegetazione o nelle case dei contadini, e troverà sempre un nuovo motivo per continuare a scappare. Solo la fine della guerra gli assegnerà una destinazione definitiva: un brefotrofio di Varsavia, dove verrà educato dalla sua gente, e preparato a diventare un cittadino d’Israele. Solo allora Srulik potrà tornare a chiamarsi con il suo vero nome, dopo aver finto di essere Jurek Staniak, un cattolico che porta al collo il crocifisso e sa recitare l’avemaria. Questa storia, è vero, assomiglia a tante altre, alle innumerevoli vicende di piccoli orfani costretti a fuggire dalle violenze, dalla fame, dalle persecuzioni, e cresciuti in fretta, prima del tempo, tra i colpi di fucile da evitare, e il cibo da procurarsi in qualsiasi modo. Tuttavia questo racconto si distingue, dal filone romanzesco avventuroso  a cui potrebbe essere ricondotto,  a causa di un connotato ribelle, che lo stacca dal contesto storico, per farne il ritratto indipendente di una personalità in formazione, che si lascia plasmare dal dolore, dalla paura, dalla lotta per la sopravvivenza, ma non è in condizione di interrogarsi sul significato della sua sofferenza. Srulik sta al gioco e sopporta tutto, senza batter ciglio: è l’individuo che caccia ed è a sua volta cacciato, che interpreta alternativamente i due ruoli secondo il copione scritto dal destino, e che, in ogni caso, non smette mai di andare avanti, contro ogni senso, dentro un assurdo in cui è vano cercare un perché. Srulik ha dovuto dimenticare le sue origini, la sua identità, per salvarsi da una morte certa. Sa solo ciò da cui deve fuggire, non dove debba arrivare. Il suo viaggio senza meta nasce dalla totale negazione del passato: non ha un punto di partenza, né un traguardo, e dunque si regge sulla sospensione del tempo, sulla messa tra parentesi della logica, sull’interruzione di tutte le finalità umane. Ci sono percorsi illeggibili, dal punto di vista della morale, perché determinati non da ciò che è utile e giusto, ma unicamente da ciò che non deve essere: le parole che non si devono dire, le cose che non si devono fare, i luoghi in cui si deve restare. Srulik, pur essendo la vittima diretta di un nefasto capitolo del Novecento, non rappresenta niente altro, se non l’affanno disperato e senza tregua che, nei momenti di impazzimento universale, si sostituisce al ritmo ragionato della normalità.  È un’alienazione forzata che scalpita, per tenersi a galla in mezzo a un turbine di feroce follia.  Corri, ragazzo, corri non è, semplicemente un film sull’Olocausto, sulla guerra, sull’infanzia ferita ed abbandonata a se stessa: è il canto concitato, eppure fatalmente monocorde, dell’esistenza che resiste, che non molla la presa, anche se si è del tutto persa di vista. Non è più grado di riconoscersi, né, tantomeno, di capire dove sia. 

 

Andrzej Tkacz

Corri, ragazzo, corri (2013): Andrzej Tkacz

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