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Sentieri selvaggi

Regia di John Ford vedi scheda film

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La recensione su Sentieri selvaggi

di scandoniano
8 stelle

Texas, 1868. Ethan Edwards (John Wayne), tornando dalla guerra di secessione, non ha nemmeno il tempo di riabbracciare (si fa per dire) i suoi sparuti affetti che i Comanche attaccano il villaggio e ammazzano fratello e cognata, rapendo le sue due nipoti… Ethan parte alla loro ricerca assieme a un nugolo di temerari; ma suoi modi scontrosi assottigliano il gruppo , tanto che nella ricerca disperata di Debbie, l’unica nipote superstite, l’uomo rimane da solo con il giovane Martin (Jeffrey Hunter), un mezzosangue adottato da Aaron Edwards. Dopo anni e varie vicissitudini Ethan arriva in New Mexico, dove Debbie è diventata una comanche: l’accadimento turba Ethan, dibattuto tra senso del dovere e affetto personale...

Nel vecchio West, idealismo e sentimenti si scontrano, incarnandosi nel vecchio Ethan e nel giovane Martin, il reduce e il cuore puro, il duro uomo solitario ed il giovane rivoluzionario.

Un film dispendioso, per quanto apparentemente scarno, dato lo spiegamento di mezzi fuori dall’ordinario (cavalli, comparse, mezzi – specie i numerosi carrelli). Ma soprattutto un film sull’epopea western per antonomasia: secessione, indiani contro bianchi, villaggi sperduti, paesaggi desertici e sconfinati, dialoghi solenni, ritmi sincopati, scene di massa… Ed è per questa ragione che “Sentieri selvaggi” è da molti esperti considerato il miglior western di sempre. Splendidi i totali dell’esperto regista John Ford, che confeziona un film scontroso ma sincero, come il suo personaggio principale, un John Wayne piuttosto avanti con l’età, ma in una forma strepitosa.

Impressionante lo sbilanciamento cromatico della fotografia; sorprendente la bravura con la quale il regista è capace di scandire il passare delle stagioni e degli anni. Ma soprattutto rimangono negli annali l’apertura del film, simile alla chiusura: all’inizio si vede Ethan entrare in scena come venuto da chissà dove (qualcuno infatti gli chiede come mai ci abbia messo tre anni a tornare dopo la fine della guerra), mentre il finale vede lo stesso protagonista che si allontana, uscendo dalla scena e rimpicciolendosi all’orizzonte, come un eroe che scrive “missione compiuta” sull’ennesima sua avventura. E mentre John Wayne si allontana, lo spettatore può ammirare la sua camminata classica ed inconfondibile, che lo ha reso imperituro anche a chi di western ne ha solo sentito parlare: ebbene sì Ford chiude la pellicola mostrandoci anche l’incedere del pistolero più famoso della settima arte, veramente l’ultimo elemento “da western” che mancava in una lista perfetta per descrivere ai posteri cos’è stato il western del periodo classico. 

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