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Sentieri selvaggi

Regia di John Ford vedi scheda film

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La recensione su Sentieri selvaggi

di LorCio
10 stelle

Il mito della frontiera. L’alibi fordiano che cerca di impossessarsi del film. In realtà è un western ante-litteram. C’è una sottile vena melodrammatica che scorre nelle vene di questo robusto e potente classico di John Ford. C’è il ritratto di un uomo che deve fare i conti con sé stesso, che va alla ricerca della nipote rubata dai pellerossa per ritrovare innanzitutto il suo ego perduto. Corre col cavallo, a galoppo di un animale che gli è congeniale, avvolto nella atmosfera incontaminata e tersa del lontano ovest. Ethan Edwards non è un semplice personaggio. Ha una dimensione quasi biblica, vive il film (che è in funzione di lui) con la spudorata (nonché disperata) sfrontatezza di chi sa di avere ancora poco tempo per riscattarsi. Attraverso i Sentieri selvaggi si svolge un road movie dell’anima dal passo rapidamente lento e sommesso, il bilancio mai quadrato di una vita troppo vissuta, in bilico tra vendetta e redenzione, superamento dei propri limiti psicologici e paura dell’altro.

 

Dolorosa ricognizione dell’esistenza di un uomo (un uomo che rappresenta il mito, che si appropria della frontiera per snervarla e non ammette – se non indirettamente – le piccole sconfitte del quotidiano), divorata dalla malinconia silenziosa di una storia complessa, costruita sui canoni della maturità stilistica (di Ford) e narrativa, sorretta dalla prestazione perfetta di un John Wayne mai così ambiguo (con risoluzione finale) e sfuggente. Probabilmente il miglior western di ogni tempo, proprio perché pervaso di quello straniante clima che non è cifra comune del genere. È anche un film sull’arcano che si fa verbo, per quegli insoliti quanto strabilianti segreti schivi che si annidano nel cuore di una storia apparentemente ovvia e naturale. E fa anche piangere, il che non è abbastanza normale per il western classico: oltre al distacco tra la cognata di Ethan e la di lei figlia, c’è il finale con il ritorno a casa, di struggente e sorprendente commozione. E il commiato dell’(anti)eroe, che si avvia verso il sole al tramonto, non si dimentica. Chiude un capitolo, ma ogni fine è un nuovo inizio.

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