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Il selvaggio

Regia di Laszlo Benedek vedi scheda film

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La recensione su Il selvaggio

di Donapinto
5 stelle

IL SELVAGGIO e' il classico film cult che al giorno d'oggi si ricorda principalmente per l'attore protagonista e il suo look che ha fatto epoca, magari stampato su una t-shirt, su un poster o incorniciato all'interno di un pub o una birreria in compagnia magari di altri miti come James Dean, Humprey Bogart e perche' no, anche della divina Rita Hayworth di GILDA. Marlon Brando, grazie anche al grande Elia Kazan, era entrato nell'olimpo dei divi Hollywoodiani e con quest'opera avra' la sua definitiva consacrazione. La pellicola e' stata distribuita un anno prima di quel GIOVENTU' BRUCIATA diretto da Nicholas Ray e interpretato da James Dean e rappresenta uno spaccato di disagio e rabbia giovanile di un'epoca, oltre ad essere il primo film che narra le vicende di bande di motociclisti violente e anarchiche che ha anticipato opere come I SELVAGGI di Roger Corman e EASY RYDER di Dennis Hopper, anche se il contesto di quest'ultimo era alquanto differente. Il regista ungherese Laszlo Benedek non analizza solo questi giovani irrequieti e arrabbiati, ma punta il dito anche contro una borghesia conservatrice, falsa e ipocrita, che non accetta nulla che non sia allineato come dovrebbe. Un film a dir poco trasgressivo e all'avanguardia per l'epoca, che fece infuriare polemiche a tutto andare, tanto da costringere il regista a tornarsene in Europa dalla quale era scappato durante la seconda guerra mondiale a causa delle sue origini ebraiche. Purtroppo IL SELVAGGIO e' uno di quei classici che risente terribilmente l'usura del tempo. Il film scivola irrimediabilmente nell'ingenuita' e nel patetico, con questi "feroci" centauri che somigliano piu' a dei ragazzini con una gran voglia di fare un po' di baldoria. Le cose non vanno meglio per il futuro Don Vito Corleone, e mi scuso subito con i suoi innumerevoli fans, ma purtroppo Marlon Brando non fa molto per migliorare le cose. Per tutto il film ha sempre la medesima espressione cronicamente imbronciata che all'epoca faceva stragi di cuori femminili, ma che oggi, almeno per la mia opinione, non suscita piu' alcuna emozione. Quasi ridicola la scena quando mostra con vanto sul manubrio della propria moto un modestissimo trofeo di metallo rubato a una manifestazione motociclistica di paese. Non manca naturalmente il fragile personaggio femminile, per la quale il nostro  protagonista si innamora dopo neanche due minuti che l'ha conosciuta. E' alquanto strano come questa pellicola sia estremamente superata, mentre altre opere dello stesso periodo come ad esempio UN TRAM CHE SI CHIAMA DESIDERIO e FRONTE DEL PORTO, viste oggi sembrano quasi migliorare col tempo che passa, senza mai passare di moda e diventando sempre piu' affascinanti. 

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