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Heart of the Sea - Le origini di Moby Dick

Regia di Ron Howard vedi scheda film

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La recensione su Heart of the Sea - Le origini di Moby Dick

di maurizio73
4 stelle

Dal prequel letterario a quello cinematografico, una navigata intrapresa marinaresca in CG che riesce ad agitare lo spettro di un'epoca storica ormai al tramonto ed imbastire la trita retorica del rapporto uomo-natura come pretesto di un conflitto e conseguente riscatto sociale che arriva solo nei titoli di coda ed a tempo ormai scaduto.

Lo scrittore Herman Melville si reca nella locanda dell'anziano e reticente Thomas Nickerson per ascoltare da lui l'incredibile storia del naufragio della baleniera Essex, affondata insieme al suo prezioso carico e su cui lo stesso si era imbarcato come giovane ed inesperto mozzo molti anni prima. Le vicende dei temerari ufficiali che guidarono l'impresa e della strenua lotta che ingaggiarono contro un mostro marino sanguinario e vendicativo saranno alla base del suo più celebre romanzo e del mito immortale della balena bianca più famosa della storia della letteratura.

 

locandina

Heart of the Sea - Le origini di Moby Dick (2015): locandina

 

Dal prequel letterario (nuova moda?) a quello cinematografico (vecchia abitudine!) il passo è breve e sembra assicurare remunerate sponsorizzazioni (Fazio docet!) ed ottimi compensi. Questo deve aver pensato quel furbacchione di Ron Howard nell'imbarcarsi nella solita, navigata intrapresa marinaresca che vanta un armatore di grosso calibro come la Warner ed un equipaggio ben assortito di giovani baldanzosi e vecchi lupi di mare in grado di circunavigare Capo Horn con una goletta dalle vele presto a brandelli e fare la spola tra un presente di gramaglie e ristrettezze finanziarie ed un passato di belle speranze colate a picco. Se la notoria abilità degli sceneggiatori americani (Charles Leavitt) riesce ad agitare lo spettro di un'epoca storica ormai al tramonto (olio di balena per illuminare le strade, puah!) alle soglie della scoperta dei combustibili fossili e della imminente rivoluzione industriale ed imbastire la trita retorica del rapporto uomo-natura come pretesto di un conflitto e conseguente riscatto sociale che arriva solo nei titoli di coda ed a tempo ormai scaduto, quello che manca al film è proprio la capacità di infondere a questa materia l'afflato epico che ha reso la leggenda del libro di Melville un capolavoro della narrativa avventurosa ed il personaggio del capitano Achab (o la sua controparte reale del biondo primo ufficiale Chase) il prototipo di un moderno Prometeo in lotta contro i propri demoni interiori e le imprescrutabili intelligenze di una natura ostile e misteriosa. Niente di tutto questo ovviamente, ma la solita formuletta di uno schema avventuroso che si ripete sotto la spinta di una riluttante rimembranza prezzolata (L'argent!) che ricama gli usuali espedienti a base di un montaggio ellittico e decisamente stucchevole ed i più godibili effetti speciali in CG, tra il biondo ex figlio di Odino pronto a sfuggire alla furia di Ade di una nave in fiamme e gettarsi tra i perigliosi flutti del regno di Poseidone ed un grosso cetaceo livoroso che reclama vendetta a nome della vituperata categoria dei liberi fornitori di olio di balena. Insomma da cacciatori si fa presto a diventare prede soprattutto quando stai in mezzo al mare e la tua presunzione supera di gran lunga i mezzi a disposizione, trasformando la tua personale Odissea (e relativa Penelope che attende a casa con figlia in grembo) da una battuta di pesca che manco il Clooney di The Perfect Storm nell'immancabile corollario antropofago de Le avventure di Gordon Pym in versione riveduta e corretta. Una carrellata di personaggi tagliati con l'accetta che finiscono per sprecare il buon potenziale di un cast ben assortito (tranne l'inespressivo e repulsivo Benjamin Walker) ed una regia in cui la tecnica della narrazione finisce per abdicare ai dictat della post produzione rendono questo antefatto (artefatto?) storico-letterario un polpettone indigesto di più di due ore che pure la famosa balena del titolo non avrebbe esitato a sputare perfino in tempi di gravi ristrettezze trofiche. Dopo l'edulcorata singolar tenzone automobilistico-agiografica del precedente Rush un altro solenne buco nell'acqua per l'ex talentuoso ciuffo biondo del Ricky dei giorni felici. Ovviamente il box office non può che darmi torto; ma quella è tutta un'altra Storia!

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