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Il giovane favoloso

Regia di Mario Martone vedi scheda film

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La recensione su Il giovane favoloso

di obyone
8 stelle

Massimo Popolizio, Elio Germano

Il giovane favoloso (2014): Massimo Popolizio, Elio Germano

Elio Germano

Il giovane favoloso (2014): Elio Germano

 

Forse avrei studiato Leopardi con maggior entusiasmo se, ai tempi in cui andavo a scuola, avessi potuto vedere "Il giovane favoloso" di Mario Martone. Forse avrei carpito qualcosa in più della sfaccettata personalità del grande poeta di Recanati. Ricostruendo alcuni scampoli di vita del poeta dell'Infinito e del Pessimismo Cosmico, Martone è riuscito a conferire umanità alla persona di Leopardi e a sciogliere i lacci che lo tenevano legato ai cliché tramandati sul suo conto. Mi verrebbe quasi voglia di chiamarlo Giacomo, anzi, lo farò, questo poeta maledettamente baciato dal talento, rimasto nella memoria perché era il "gobbo", perché, forse forse, gli piacevano gli uomini, e perché sarebbe stato meglio l'avesse fatta finita prima di scrivere quegli insopportabili versi che ammorbano le spensierate giornate di noi studenti refrattari a carta e calamaio.

Giacomo era stato istruito per volere del padre, viveva nel fastoso palazzo di famiglia nella piccola e provinciale Recanati, sua culla e sua prigione. Dietro "quell'ermo colle" Giacomo anelava ciò che la sua vita da recluso non gli consentiva: la libertà fisica quanto intellettuale di lasciare una provincia troppo oppressiva e reazionaria per le sue intuizioni filosofiche. La parte iniziale del film scava nell'esistenza giovanile di Giacomo che fu caratterizzata dal grande amore verso i fratelli, da feroci sessioni di studio e dal rapporto conflittuale col padre desideroso di tenerlo a sé in quella gabbia ch'era Recanati. La giovinezza tuttavia gli riservò anche il dolore per i primi sintomi di una malattia che gli avrebbe condizionato la vita sociale e lo avrebbe portato alla morte prima dei 40 anni. Lo status fisico non ne avrebbe inficiato il pensiero, come lo stesso Giacomo avrebbe argomentato in una focosa discussione al tavolino di una gelateria napoletana. Non in assoluto, almeno, ma condizionò il suo pensiero giovanile maturando in lui il concetto di pessimismo individuale, primo passo verso una visione ancora più cupa sulla natura e sull'infelicità umana. Nella seconda parte del racconto, quando Leopardi si trova a Firenze ed ha abbandonato da anni il tetto paterno, Martone pone l'accento sulle difficoltà relazionali dovute alla malattia autoimmune che gli precluse, deformandone l'aspetto, e piegandone la salute, l'amore o il semplice contatto di una donna. Vengono dunque raccontati l'amore non corrisposto ed il risentimento verso la nobildonna Fanny Targioni Tozzetti e la passione mai consumata nei bordelli di Napoli. In questo periodo il tanto discusso ed equivocato rapporto con l'esule napoletano Antonio Ranieri, che si occupò di Giacomo fino alla dipartita, viene tratteggiato da Martone evocando maliziosamente la possibilità di un sentimento superiore all'amicizia. Ma è solo una sequenza, volutamente equivoca, ad abbozzare una tesi che poi viene rigettata non appena si riesce a distinguere, nella complessità del loro rapporto, la gelosia verso Ranieri che altro non è che la furente incapacità di accettare la propria malasorte e la malinconica invidia per i torti subiti dalla natura. Giacomo fu poeta scomodo e tutto sommato poco amato dai suoi pari. Molti intellettuali consideravano la sua opera troppo triste e dolente per rappresentare lo spirito indomito e progressista del Risorgimento Italiano chiamato alla rifondazione del paese. La visione di Leopardi era decisamente fuori luogo in un'epoca romantica che abbracciava con entusiasmo l'avvento del progresso scientifico ed un ottimismo di fondo che a contrario Giacomo escludeva a priori, tale era il disprezzo di una natura umana vile e disperata di cui il creato si faceva beffe. Solo il progresso prima denigrato e poi rivalutato dal poeta poteva aiutare l'umanità a sopportare la propria sventura e la propria infelicità. Rispetto al suo tempo il poeta marchigiano fu una voce fuori dal coro che la straordinaria presenza scenica di Elio Germano conferna nell'atto di declamare i versi leopardiani con malinconica dolcezza, merito di uno studio di dizione e impostazione vocale notevole. Ma se il film potrebbe campare sulla resa interpretativa di un Germano ricurvo e dalla dialettica feroce, in realtà vive di altre emozioni. Martone aggiunge un'estrema ricercatezza nell'uso delle luci naturali, una precisa ed elegante scelta dell'inquadrature. La pulizia e la geometria compositiva rimandano al romanticismo cosí come l'interpretazione scenica del sogno di Giacomo che rivede la madre, mai amorevole e solidale, sgretolarsi come roccia davanti ai suoi occhi supplichevoli. C'è tutta l'enfasi e la stordente passionalità ottocentesca in questa inquietante scena carica di simbolismi nella quale la donna si sfalda come roccia franosa rappresentando una natura maligna che non sa amare i propri figli ed è causa, essa stessa, delle loro sventure. Un concetto su cui Martone ritorna nella rappresentazione del Vesuvio in eruzione e che da il via all'acclamazione del canto "La ginestra" del bel finale. Sottolineo, infine, l'uso innovativo del soundtrack che spaziando tra suoni classici e moderni riproduce rumori, a volte molesti e striduli, che interrompono Giacomo dai propri pensieri o ne evidenziano il trasporto emotivo, verso quell'arte che per lui fu salvezza e autentico rifugio. Film da rivedere e poeta da riscoprire. 

 

E tu, lenta ginestra,

che di selve odorate

queste campagne dispogliate adorni,

anche tu presto alla crudel possanza      soccomberai del sotterraneo foco, 

che ritornando al loco

già noto, stenderà l'avaro lembo

su tue molli foreste. E piegherai

sotto il fascio mortal non renitente

il tuo capo innocente:

ma non piegato insino allora indarno codardamente supplicando innanzi

al futuro oppressor; ma non eretto

con forsennato orgoglio inver le stelle

nè sul deserto, dove

e la sede e i natali

non per voler ma per fortuna avesti;

ma più saggia, ma tanto

meno inferma dell'uom, quanto le frali 

tue stirpi non credesti

o dal fato o da te fatte immortali

 

 Chili Tv

 

Elio Germano

Il giovane favoloso (2014): Elio Germano

 

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