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Il giovane favoloso

Regia di Mario Martone vedi scheda film

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La recensione su Il giovane favoloso

di lamettrie
10 stelle

Un assoluto capolavoro. Peccato che gli stranieri non possano capirlo appieno, nella misura in cui non possono leggere Leopardi in lingua originale: altrimenti questo film avrebbe ricevuto ben altri premi, i massimi a livello mondiale.

Il soggetto è Leopardi: quindi non c’è bisogno di tanti preamboli, è uno dei soggetti più importanti e difficili che mai si possano toccare. Ebbene: il regista Martone, che ha scritto anche la sceneggiatura, riesce a non essere da meno del’immenso soggetto. E si badi bene: chi dice questo, si firma LaMettrie: costui è stato una delle fonti, per Leopardi moderne, più apprezzate da Leopardi stesso, per il materialismo, la denuncia della metafisica… Io però non sono leopardiano, pur riconoscendo i sommi meriti del citato autore, senza certo che debba essere io a rivangarli.

Sotto il profilo estetico, il film è perfetto: lo è per la fotografia soprattutto, ma anche per il montaggio e  l’accompagnamento musicale. È splendida anche la recitazione: Germano è “favoloso”, come dice il titolo, nel rendere una parte tra le più difficili  e intense che possano mai venire offerte a un attore.

Come sempre però, l’aspetto più importante è quello morale, cioè il messaggio che lascia. Qui il titanismo del protagonista è reso benissimo, soprattutto nella grande dignità con cui prende atto del fatto di non essere compreso dalla società  a lui contemporanea, proprio perchè il mondo con cui ha a che fare è palesemente inferiore a lui. E qui il film rivela anche il suo valore di denuncia satirica e politica, proprio come  Leopardi l’ha interpretata: lo squallore morale del presente, a Napoli, a Recanati e comunque altrove. I disonesti, i ladri, i disseminatori di falsità sono i soli che prosperano; coloro che invece promuovono la verità sono destinati all’emarginazione, proprio perché hanno questo pregio, che nel mondo però appare come un difetto. Questo è un grande riconoscimento del valore filosofico dell’opera del grande recanatese.

Logicamente questa verità è portata in modo più chiara contro la Chiesa cattolica: essa ero lo stato di cui era suddito, e il film ne mostra più che adeguatamente le gravissime colpe in termini di oscurantismo della verità, e quindi di favoreggiamento selettivo dell’ignoranza. La censura pontificia è in gran parte riassunta nel padre Monaldo, in particolare nello scontro a tavola con Pietro Giordani: tutti segni, già stranoti, di una chiusura mentale che soffoca quanto di buono c’è nell’uomo.

I risvolti psicologici sono resi alla perfezione: i bei rapporti con i fratelli, che cercano di sopravvivere nel modo migliore al ruolo di vittime di genitori estremamente cattolici; una madre odiosa, appunto; un padre che si barcamena, in modo psicopatologico e del tutto incoerente, tra due aspetti incompatibili:  l’affetto reale verso i figli, e quello delle belle lettere, da una parte, e dall’altra l’amore verso un cattolicesimo retrivo e mortifero.

Il film ha poi lo strepitoso merito di mostrare la vita quotidiana di Leopardi, le sue piccole cose (il gelato…), gli affetti (di cui in anche si è parlato). Insomma le debolezze di Leopardi, che poi sono state le sue grandi sofferenze. Quelle di un personaggio modernissimo: moderno proprio perché non ha nascosto le sue emozioni, nel bene  e nel male.

Il film attinge alla grande al testo leopardiano, e non mancano certo gli spunti: ma la sceneggiatura incastona tali contributi in modo eccellente.

Il film poi attinge ugualmente alla grande alla sua vita reale, come già detto: restituisce una versione realistica, una versione dunque che non è affidata solo ai testi dell’autore, ma anche a ciò che si può ricostruire della sua biografa. In tal senso, la scelta di Martone appare ancora più lodevole, perché privilegia momenti non tra i più importanti della produzione leopardiana: la gioventù e il periodo a Napoli.

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