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Il giovane favoloso

Regia di Mario Martone vedi scheda film

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La recensione su Il giovane favoloso

di EightAndHalf
8 stelle

"Sempre caro mi fu quest'ermo colle", e lo sguardo di Giacomo Taldegardo Leopardi fissa un punto fuori dall'inquadratura. E mentre recita la poesia che più di tutte ha svelato l'arcano disvelarsi dell'immensità, Martone non ricerca l’immensità stessa ma lo sguardo del poeta, leggenda letteraria ricondotta finalmente a una dimensione umana e concreta, fatta di un corpo tormentato, di un intelletto malinconico e di un comportamento sempre alla ricerca di una libertà che prima la società e poi la natura umana andranno negandogli (pur nella graduale scoperta delle relazioni umane).

 

Elio Germano

Il giovane favoloso (2014): Elio Germano

 

 

Il giovane favoloso è una lucida e attenta ricapitolazione del mondo poetico di Giacomo Leopardi, che è anche un mondo socialmente e politicamente contestualizzato e non astratto e disperato come molti interpreti della sua poesia hanno assurdamente concepito in anni di letture e di aspetti sempre dati per giusti e corretti. Martone manifesta apertamente grande interesse a sventare ciò che è stato erroneamente ricostruito dai critici di tutto il mondo nella storia, per quanto riguarda la personalità di Leopardi (l'ossessione per il "pessimismo", che diventa nel film assurda etichetta; l'accostamento disperazione-malattie del corpo; l'immagine del topo da biblioteca), un uomo intellettualmente curioso, quando vuole testardo, una spanna sopra agli altri nel capire la profondità delle cose, nonostante l'assenza di loquacità, e sempre interessato a "vedere" ciò che il mondo può offrire, almeno esteticamente, in quanto niente (secondo la poetica leopardiana e secondo Il giovane favoloso, che si adegua anche ad essa) può realmente portare a una vera condizione di progresso. L'io del poeta e dell'uomo è sempre preso in causa, nel terzo film italiano in concorso a Venezia 71, e si inserisce perfettamente nello scenario tematico e stilistico di quella che è la poesia del Leopardi stesso: un uomo che elabora una rivoluzione intellettuale e del pensiero, che getta i semi della discontinuità nella concezione dell'arte e della cultura (improvvisamente non più cattolica), che finalmente demolisce la costruzione antropocentrica positivista che credeva nel progresso nel XIX secolo, e che riporta l'uomo alla sua dimensione più giusta, quella di piccolo granello di sabbia all'interno del caos meccanicistico dell'universo.

 

Elio Germano

Il giovane favoloso (2014): Elio Germano

 

Questo a Martone interessa molto. L'approccio del regista napoletano non vuole essere l'arido biopic che in molti vedranno (e hanno già visto) nel suo Giovane favoloso. Martone entra nel mondo di Leopardi senza luoghi comuni né stereotipi, lo rende umano e non più figurina di un libro di testo, e lo restituisce al limbo dei grandi con lo spessore umano che gli spetta, e che nella sua opera poetica si rende spessissimo evidente. Non solo infatti Martone contempla sempre partecipe ma prudente i movimenti di vita del poeta, da Recanati a Firenze, passando per Roma, fino a Napoli e al mitico Vesuvio de La ginestra, ma spesso penetra anche nelle sue poesie e nelle sue prose, alcune particolarmente conosciute (L'infinito), altre meno, azzeccando le scelte musicali (che spaziano dall'antico al moderno) e adottando uno sguardo improvvisamente altro, quasi sovrumano, che è lo sguardo di Leopardi, stando attento alla genesi delle opere e a che cosa queste si riferiscano nel profondo. Così la sequenza del Dialogo della Natura e di un Islandese, così quella finale de La ginestra, con un occhio registico che rivela anche di volere e di sapere rischiare, creando immagini splendide e mai banali. 

 

Michele Riondino, Elio Germano

Il giovane favoloso (2014): Michele Riondino, Elio Germano

 

Dell’uomo Leopardi scopriamo (se non si sono lette le sue opere) la fervida ironia (irresistibile il confronto con il signorotto che è poi la genesi del Dialogo di Tristano e di un amico), la grande curiosità (la passeggiata per Napoli) e l’insofferenza nei confronti di un mondo che riesce a vivere e a scordarsi momentaneamente della “malinconia dell’esistere”, riuscendo a sorridere senza necessariamente arrivare al sarcasmo (arma letteraria che rivela anche la profondissima acidità del pensiero leopardiano). E se questo non bastasse a colui che ritiene Il giovane favoloso una fredda trasposizione superflua dell’opera leopardiana (che non può essere di per sé superflua, visto come oggi è conosciuto [schematicamente] il poeta), si domandi a che livello si riveli interessante l’attualizzazione di simile autore nel mondo di oggi, che nel progresso crede ancora più di prima. E forse si renderà conto che Il giovane favoloso aspira e riesce a creare immagini e immaginazione, a evitare i luoghi comuni e a trasmettere ciò che di più profondo c’era nella personalità artistica di Giacomo Leopardi: la volontà di affrontare, a denti stretti e con “sentimento dell’indifferenza”, un mondo che regna(va) nell’incomprensione.

 

Elio Germano

Il giovane favoloso (2014): Elio Germano

 

Bravissimi tutti gli interpreti, Elio Germano ottimo nell’incarnare dolori e sconfitte (senza crogiolarsi nel vittimismo, ma calibrando le carenze fisiche con la distinzione intellettuale del suo personaggio), e abili tutti i comprimari a raccontare il carattere fondamentale dell’opera di Leopardi: riscoprire il ruolo del dubbio, perso in anni di Storia e di presunzione umana. Un cinema classico e umile, quello del Giovane favoloso, come non se ne vede più.

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