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La Sapienza

Regia di Eugène Green vedi scheda film

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La recensione su La Sapienza

di OGM
7 stelle

Fabrizio Rongione

La Sapienza (2014): Fabrizio Rongione

 

L’uomo è solo, al centro dell’inquadratura. Immobile, e forse perso, in quella cornice fatta di spazio e luce. Il suo mondo è un’apparente libertà d’essere, inscatolata però in un’architettura inventata da altri, costruita da altri. Il suo incasellamento è alienazione, che può essere anche sublime, se la casa è ispirata alle magia delle proporzioni, al mistero di Dio. Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini hanno realizzato chiese le cui forme inglobano i movimenti celesti,  lo slancio del volo, una forza spirituale che si oppone alla gravità terrestre.  Sotto le loro mani, la materia è diventata una leggerissima sostanza pensante, impalpabile come certi fantasmi che insidiano la mente, e che ci fanno soffrire, procurandoci un argomento di cui parlare, su cui riflettere. Diveniamo razionali nel momento in cui ci sentiamo infelici, ed è allora che ci mettiamo a studiare la complessa geometria della vita: un sistema di immagini speculari, di asimmetrie che traducono dissidi e paradossi, di convergenze faticose che danno corpo alle nostre incomprensioni.

 

scena

La Sapienza (2014): scena

 

scena

La Sapienza (2014): scena

 

Alexandre ed Aliénor sono in disaccordo circa il luogo in cui andare a trovare le risposte: per lui si nascondono negli impianti esteriori degli edifici, per lei nella dimensione inconsistente dei sogni e dei ricordi sfumati. Alexandre insegue le tracce dell’eternità nelle strutture concettuali delle facciate, delle volte, dei portali, sua moglie preferisce invece leggerli negli occhi altrui, negli echi del non detto, nelle mezze allusioni che, in realtà, dicono tutto. Il film di Eugène Green scatta le istantanee di due percorsi paralleli, in cui lo sguardo si rivolge ora verso l’alto, ora verso il basso, alla ricerca della chiave linguistica che consenta di decifrare le espressioni in codice del malessere e della creatività come manifestazioni di un dolore trasfigurato in credo. L’adolescente Lavinia è colpita da strani svenimenti, e nessuno sa perché. Gli artisti geniali vanno in crisi e si uccidono. La negazione di sé è il lato  in ombra di un amore che invoca protezione, e che si esalta nell’idea dell’assenza. La morte di una figlioletta riporta la pace tra due coniugi. Una lingua dimenticata si risveglia, improvvisamente, per indicare la via della sapienza. Il sacrificio, il distacco, il sonno della gioia sono il prologo della rivelazione, che si incammina lungo le scie del tempo, fino a che il presente non si mostra disposto ad aprire le sue braccia al passato. Alexandre si aggira, tra i monumenti antichi, nella inconscia speranza di cogliere in essi la parte smarrita di sé, quella che è altra, che è il suo contrario, che è stata respinta nell’oblio, e che era beneficamente impastata di dubbio, di trascendenza, di inafferrabilità. Durante le sue peregrinazioni si fa accompagnare dal giovane Goffredo, e così si riscopre padre, forse anche maestro. Aliénor, intanto, che è rimasta lontana, consolida  la sua fede nella stabilità, nella coerenza come elemento di certezza, come veicolo di guarigione. L’indagine prende avvio dalla quiete, e procede verso l’interno dell’io. Il malato immaginario si può sanare solo attraverso una catarsi dell’anima, che lo riporti al punto di  partenza, alla remota origine del suo dramma. Per raggiungere lo scopo, a nulla servirà fuggire, o proseguire la corsa dentro il delirio,  ma bisognerà, piuttosto, viaggiare attraverso i meandri di sé, per ricomporre i pezzi andati sparsi. In  entrambi i casi, la soluzione è prodotta da un’ipotesi di completezza,  in senso fisico o psichico, che rappresenta la meta verso cui puntare. Mettere da parte il proprio esserci a metà, per poter iniziare ad esserci per intero: è questo il principio che porta a compimento il ciclo vitale delle creature imperfette, liberandole dalla prigione del corpo, dalla distinzione tra umano e divino, ripristinando l’unità con l’anima immortale. I due diventano uno; la rivalità si conclude, le differenze di stile si armonizzano, la soffocante simbiosi si scioglie in un rapporto sereno ed autonomo. L’individuo non è più solo, col suo singolare tormento. La scena finalmente si apre, per accogliere una bella visione di insieme.  

 

Christelle Prot, Arianna Nastro

La Sapienza (2014): Christelle Prot, Arianna Nastro

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